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Il metodo di questa ricerca asseconda la visione dei due eterni principi di matrice greco-presocratica: l’infinito e l’indefinito. Visti come generatori della conoscenza e della storia del sapere umano. Da qui parte l’esposizione di Giammarchi, un punto “omega” che traccia le linee dello stato attuale delle scoperte umane sul cosmo e nel contempo le analogie col pensiero antico e arcaico.
La prospettiva dell’autore considera la percezione scientifica del mondo non in maniera esclusiva bensì come la visione oggi più accreditata e per questo dominante. Quindi non sarà l’unica visione, ma darà conto di più linee di pensiero che le corrono parallele nel tempo: ad esempio quella religiosa, filosofica, storica, mitologica, allegorica ecc. Sarebbe questa una concezione collateralista del sapere dove le traiettorie si corrispondono sempre ma non si intersecano mai.
Tuttavia nell’esposizione storica il pensiero si approfondisce e scopre che queste linee non sono fra loro indipendenti, ma più volte si incrociano e sovrappongono e pertanto non possono dirsi collaterali alla maniera delle rette parallele, ma sono complementari, ossia tali che ciascuna di essa completa l’altra ed ha con essa elementi in comune: per esempio i principi che, per quanto sottintesi, sono pur sempre necessari. Vanno dunque esplicitati e messi in ogni occasione in evidenza.
Giammarchi, da astrofisico di buon senso, riconosce che la sua scienza talvolta pone problemi irresolubili sulla base dell’esperienza diretta e spesso di nessuna utilità pratica: infatti a chi giova sapere com’era il mondo un miliardo di anni fa, o come sono i pianeti distanti anni luce?
Il fatto è che, se non si completa il puzzle dell’universo, nessuna parte di esso, se pur minima, avrà mai il suo giusto posto e la giusta definizione nel nostro pensiero. In tal modo, non ci sarebbero teorie e scienze “compiute” e complete e noi vivremmo in un caos dove tutte le parole e le tesi fluttuano nel mistero.
Forse, guardando alla storia nel suo complesso, sembrerà che l’uomo non si sia mosso neppure di un centimetro dal principio archetipo di Pitagora – e di ogni filosofo – quando tutti spontaneamente davano all’universo il nome di kosmos, cioè di ordine.
Ed ecco uno degli eterni principi di cui Giammarchi non smette di parlare.
Autore: Roberto Radice
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