Gli eterni principi α e ω part 6

da , | 30 Nov, 23 | Filosofia |

Limiti dell’Universo

L’Universo appare indefinito nel suo essere infinito. Perché così sono i suoi bordi, non ben definiti al nostro sapere. O non ben definiti per principio… per capirlo, prendiamo in considerazione l’evento astronomico chiamato GW190521 (Gravitational Wave osservato il 21 maggio 2019). Si tratta di un clamoroso “fuoco d’artificio”, un botto cosmico rivelato dai tre interferometri gravitazionali LIGO-Hanford, LIGO-Livingstone e Virgo: una coalescenza di due “oggetti” compatti, due buchi neri con una massa totale di 150 volte quella del Sole (1). Per comprendere da che distanza viene questo “botto”, immaginiamo di poter congelare l’espansione dell’Universo: la distanza da cui l’onda GW190521 è partita è allora di 16 miliardi di anni luce (viene chiamata “luminosity distance”). Ma dalla sua partenza al suo arrivo è passato tanto, tantissimo tempo. E il sistema dei due buchi neri che ha prodotto GW190521 “ora” (fermiamo di nuovo il movimento del cosmo!) si trova circa a 45 miliardi di anni luce. Ora quel sistema non è più “raggiungibile” da nessun segnale inviato da umani. Esso si trova in una regione dell’essere che non è più osservabile.

Tutto questo è l’effetto dell’espansione dell’Universo, la chiave di interpretazione Cosmologica del tutto spaziale in cui viviamo. Con il tempo mescolato in modo indissolubile con lo spazio. Chi ha prodotto l’esplosione GW190521 è fuori dal nostro Universo osservabile. Ma ne conosciamo l’esistenza.

E siccome la regione dell’essere si estende ben oltre il limite dell’Universo, abbiamo un moderno indefinito. Un indefinito che si impone, quello dovuto a sistemi che hanno inviato segnali a noi ma che ora non sono più contattabili a causa dell’espansione cosmologica. Nei fatti essi si trovano a distanza infinita. La loro appartenenza all’essere si ha in forma per noi indefinita.

L’espansione cosmologica ci mette a confronto diretto con la differenza tra ciò che è osservabile e ciò che è (nel senso di ciò che possiede la proprietà di esistere). Da un lato i protagonisti di GW190521 non sono più osservabili da noi – quindi, se non avessero colliso, nulla sapremmo della loro esistenza. Dall’altro lato, difficilmente si può pensare che essi non abbiano la proprietà di esistere. Un immenso buco nero con una massa totale vicina a 150 masse solari è situato in una regione dell’essere che non è osservabile – ma assai probabilmente non ha per questo cessato di esistere. Indefinito, cioè ad una distanza che – per tutti gli effetti fenomenologici futuri è da considerarsi infinita.

Un altro limite dell’Universo (come osservabile) si realizza nella vicinanza di singolarità spazio-temporali (buchi neri), laddove la curvatura di spaziotempo diviene infinita. E quindi occorre considerare la singolarità come non-osservabile, al di fuori dal nostro Universo. E d’altra parte non ci risulta osservabile qualsiasi regione che stia all’interno dell’orizzonte degli eventi (per il Buco Nero di Schwarzschild, il più semplice, con orizzonte 2MG/c2 ove G è la costante di gravitazione universale, c la velocità della luce e M la massa del buco nero). Ma notiamo bene che tale singolarità (non osservabile) esercita influenza finita pur essendo in una zona dove spazio e tempo sono – per noi – inosservabili. Una zona di principio non osservabile. Indefinita, che raccoglie un punto a curvatura infinita.

Fig. 1 – In alto, l’Universo come lo conoscevamo all’inizio del secolo scorso. In basso, la dimensione dell’Universo dalla quale sappiamo ci sono giunti segnali, a partire dall’inizio del tempo.

La teoria dell’Universo-blocco offre una interessante e coerente soluzione al problema dell’essere, prevedendo un Universo che sia attraversabile passando tra spazio e tempo, e rispettando la legge di causalità (velocità della luce). Percorrendo sia spazio che tempo, si possono esplorare diverse zone dell’Universo. Per comprendere meglio la teoria dell’Universo-blocco, consideriamo due osservatori, A (situato sulla Terra) e B (situato su una galassia a 150 milioni di anni luce dalla Terra). A osserva l’epidemia di Covid sulla Terra (perché è solidale col pianeta), mentre B osserva i dinosauri sulla Terra. Ma le osservazioni di A e B sono entrambe valide – per B i dinosauri sono simultanei a lui, in quanto la simultaneità in Relatività equivale a essere connessi da un fotone. Ma un osservatore “esterno all’Universo”, ovvero un osservatore “epistemologico”, come un filosofo, può giudicare tutto ciò che accade e “descriverlo” proprio come stiamo facendo noi. Il nostro amico filosofo si rende conto di cosa vedono A e B. E li confronta tra di loro usando le leggi relativistiche di trasformazione. Questo nostro filosofo “esterno” all’Universo si rende conto benissimo che l’adesso di A e di B sono diversi: non esiste un solo unico istante simultaneo all’Universo.


(1) R. Abbott et al., Physical Review Letters 125 (2020) 101102.

Autori: Marco G. Giammarchi e Roberto Radice

Autori

  • Marco G. Giammarchi

    Marco Giammarchi è Primo Ricercatore all'Istituto Nazionale di Fisica Nucleare, abilitato Professore Ordinario di Fisica delle Interazioni Fondamentali. È' titolare del corso di Fisica delle Particelle all'Università degli Studi di Milano ed è stato Guest Scientist al Fermilab negli USA e all'Albert Einstein Center di Berna. Ha partecipato a esperimenti al Fermilab, al Laboratorio del Gran Sasso, in Belgio, in Argentina e al CERN di Ginevra. È' tra i fondatori di Borexino, esperimento che ha dimostrato il funzionamento del centro del Sole con i neutrini e nel 2015 ha fondato l'esperimento QUPLAS che ha osservato per la prima volta l'interferometria quantistica di antimateria. I suoi interessi vanno dalla fisica astro-particellare e del neutrino alla fisica quantistica e alla gravitazione con antimateria. È autore di 300 pubblicazioni su riviste internazionali e di 50 interventi a conferenze internazionali. Interessato alla spiritualità orientale, da oltre dieci anni collabora con Filosofi della Scienza su temi epistemologici e di filosofia teoretica.

  • Roberto Radice

    Roberto Radice (Busto Arsizio 1947), già professore ordinario di Storia della filosofia antica all’Università Cattolica di Milano è condirettore delle collane: “Temi metafisici e problemi del pensiero antico” e “Platonismo e filosofia patristica”, Vita e Pensiero, Milano, nonché direttore di “Lexicon, collana di lessici [informatici] di filosofia antica”, edizioni Biblia, Milano. I suoi interessi scientifici spaziano dall’Ellenismo al Neoplatonismo, passando attraverso Aristotele e il Giudaismo alessandrino. I suoi ultimi libri (dal titolo Magica filosofia e I nomi che parlano) editi da Morcelliana nel 2019 e nel 2020 sono dedicati ai rapporti fra la filosofia e il pensiero magico, nonché alla storia dell’allegoria filosofica. Collaboratore del “Corriere della sera” nei collaterali della serie “Grandangolo” (11 titoli) e “Filosofica” della quale è anche curatore.

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