(Parte prima)
Nella seconda metà del quarto secolo la Grecia viene conquistata e sottomessa dall’impero macedone, dapprima per mano di Filippo II e poi di suo figlio, Alessandro Magno.
Nel 323 a.C. Alessandro muore giovanissimo, all’età di 33 anni. L’anno successivo si spegne il suo ex istitutore Aristotele. Queste date segnano l’inizio dell’età ellenistica.
Lo sconfinato impero di Alessandro non sopravvive però al suo creatore e viene diviso nei cosiddetti “regni ellenistici”: quello di Macedonia, con capitale Pella (oggi in Grecia); quello di Persia, o d’Asia, con capitale Antiochia (oggi in Turchia); e quello d’Egitto, con capitale Alessandria. Si tratta di monarchie assolute di stampo orientaleggiante, dove il sovrano è visto in un’aura di tipo divino.
La Grecia, dopo tre secoli di democrazia, si trova bruscamente gettata in tale contesto, per lei del tutto nuovo ed estraneo. I centri politici tradizionali, Atene, Sparta, Corinto, Micene, vengono soppiantati da nuove città ricche e prospere, per lo più sedi di importanti porti commerciali, come Alessandria, Antiochia, Rodi e Pergamo.
Dal punto di vista politico i Greci si vedono trasformati di colpo da cittadini in sudditi. I loro destini, che prima erano essi stessi a gestire, vengono ora decisi in grandi capitali, da persone ed in luoghi fisicamente e metaforicamente molto lontani, che il più delle volte essi non conoscono e che probabilmente non vedranno mai in tutta la loro vita. Il potere diventa ai loro occhi qualcosa di totalmente estraneo, oscuro ed irraggiungibile.
Un esempio emblematico dei nuovi centri caratteristici di questo periodo storico è la città di Alessandria, dedicata anche nel nome al suo fondatore Alessandro Magno. Celebre per il suo porto e per il suo faro, quest’ultimo annoverato tra le sette “meraviglie” del mondo antico, la città è anche un importantissimo centro di cultura, oltre che di commerci.
Famosa è la sua incredibile biblioteca, che arriva ad ospitare più di mezzo milione di opere originali di tutto il mondo conosciuto e che verrà distrutta più volte da altrettanti incendi nei primi secoli dopo Cristo. Non meno celebre il suo Museo, così detto perché dedicato alle Muse, divinità protettrici delle arti e delle scienze. Si tratta di un centro di studi di tipo naturalistico ed umanistico, simile ad un’università dei tempi moderni.
Ma prendiamo ora in esame i cambiamenti di mentalità inseparabili da quelli storico-sociali appena visti.
I cittadini greci, come già visto repentinamente trasformati in sudditi, si trovano d’improvviso orfani di quel forte senso di appartenenza e di partecipazione nei confronti della propria patria, che li ha contraddistinti nei secoli precedenti. Sappiamo bene come anche l’eroismo dei greci in guerra fosse dovuto al fatto che, combattendo per la patria, sapevano e sentivano di combattere per loro stessi e per i propri cari. Il binomio cittadino-città (gr. polìtes-pòlis) rappresentava un legame saldo e sicuro.
Ora tutto ciò viene meno. L’ex cittadino prova un profondo senso di mancanza d’identità; si sente smarrito e disorientato. Avverte il bisogno di nuovi valori, di nuovi punti di riferimento, di nuovi criteri di condotta.
È precisamente a questo tipo di bisogni che cercano di rispondere le principali correnti filosofiche dell’età ellenistica: stoicismo, epicureismo e scetticismo.
Prima di tutto va osservato come le discipline maggiormente coltivate da queste filosofie siano la fisica, l’etica e, in particolare per gli stoici, la logica. Accostamento singolare? Solo in apparenza. In realtà tali discipline rispondono proprio a quella richiesta di ordine e di punti di riferimento di cui abbiamo appena detto. La fisica cerca un ordine e delle regole nel mondo della natura. L’etica fa esattamente lo stesso nell’ambito del comportamento umano; la logica nell’ambito del pensiero e del discorso (lògos).
Ancora una volta, dunque, il cammino della verità e quello della sua ricerca seguono percorsi collegati tra loro.
Abbiamo sottolineato più sopra gli aspetti negativi dell’età ellenistica per la Grecia; ma non ne mancano di positivi. Venendo inserita in un contesto geo-politico più ampio essa ha la possibilità di intensificare i suoi rapporti con culture diverse e di stabilirne dei nuovi. Gli influssi reciproci permettono alla cultura greca di diffondersi in altri paesi e di ricevere a sua volta importanti contributi ed arricchimenti.
Così, ai greci resi “orfani” della loro patria di dimensioni municipali (la polis) ne viene offerta una molto più ampia, soprattutto nel caso dello stoicismo. Morta la figura del cittadino della polis, dalle sue ceneri nasce quella del cittadino del mondo, che non ha più come concittadini solo gli altri ateniesi, spartani, tebani e così via, ma tutti gli uomini come lui. I confini municipali vengono superati e si apre la prospettiva del cosmopolitismo.
Insomma, il “cammino della verità” si rivela ancora una volta “bicipite”: da un lato vi sono i cambiamenti epocali che scandiscono il divenire della vita e della storia; dall’altro lato, ma pur sempre all’interno dello stesso divenire, vi è il cammino della ricerca e della riflessione attraverso le quali gli uomini cercano di comprendere tali cambiamenti e tale divenire e di farvi fronte.
Così facendo gli esseri umani esprimono e conoscono aspetti sempre nuovi di loro stessi e dei loro bisogni, come in questo caso quelli di sicurezza, di identità e di appartenenza. Ma ad un tempo apprendono e sperimentano nuovi modi di rispondere a tali istanze. Il cosmopolitismo, ad esempio, è una delle nuove modalità.
Il “cammino della verità” è dunque l’insieme di tutti questi itinerari, di tutti questi fili multicolori che si dipanano più o meno rapidamente nel tempo (e nello spazio), che entrano in rapporto dialettico tra loro, a volte allontanandosi e a volte riavvicinandosi, e che si intrecciano a formare ordito e trama di tele variopinte sempre nuove e diverse.
Autore: Roberto Maria Pittella
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