6.1. Cambiamenti storico-sociali
Quella rinascimentale è un’età di particolare importanza per la società e per la cultura europee, perché fa da ponte tra il medioevo e l’età moderna.
In senso stretto gli storici collocano il Rinascimento tra la seconda metà del ‘300 e la fine del ‘500. Ma in un senso più ampio un movimento generale di risveglio, di “ri-nascita”, inizia in Europa molto prima, a partire dall’epoca successiva all’anno mille: il “basso medioevo”.
All’indomani dell’anno mille ci si risveglia da un incubo, quello della fine del mondo: “Mille e non più mille” recitava una profezia andata sempre più diffondendosi nel corso del tempo. Ora ci si risveglia con sollievo e con soddisfazione guardando al futuro con occhi speranzosi.
A nutrire e a realizzare tali speranze contribuiscono fattori di vario genere, alcuni dei quali sono stati messo in giusta luce solo nel ‘900 dalla celebre scuola storica franco-belga delle “Annales”, che annovera tra i suoi principali esponenti nomi come quelli di Marc Bloch, Lucien Febvre, Jacques Le Goff, Fernand Braudel, e, più di recente, Emmanuel Leroy Ladurie. Fondata in Francia alla fine degli anni ’20 la scuola ha letteralmente rivoluzionato la visione della storia insegnandoci che essa non è fatta solo di date, di battaglie e di nomi di personaggi più o meno illustri (imperatori, papi, re e generali), come si riteneva in prevalenza fino ad allora, ma è fatta soprattutto dalla vita reale e quotidiana di milioni e milioni di persone comuni come noi e dai fattori di vario tipo che la influenzano concretamente. Tra questi vi sono, per esempio, quelli climatici.
Ebbene, in Europa dopo l’anno mille si assiste ad un cambiamento del clima nel senso di una maggiore mitezza, con inverni meno rigidi ed estati meno torride e siccitose. Ciò procura a sua volta condizioni migliori per l’agricoltura, allora fonte primaria di vita, allontanando il flagello mortale delle carestie.
Un secondo flagello che si attenua per qualche secolo, forse grazie proprio alle migliori condizioni di vita e di nutrizione, è quello delle grandi epidemie.
Altro importante fattore di rinascita è la cosiddetta rivoluzione agricola di questo periodo. Il più pesante aratro “a versoio” (o “a vomere asimmetrico”), che rivolta letteralmente la terra, sostituisce quello “a chiodo” che si limitava solo a scalfirla. Ciò permette di arare più a fondo, proteggendo meglio i semi, e di lavorare terreni più duri, in precedenza incoltivabili, estendendo così la superficie globale dei terreni coltivati. La ferratura del cavallo ed i nuovi sistemi di attacco del giogo (che prima gravava sul collo dell’animale ed ora sul suo petto) rendono possibile un lavoro più spedito ed efficace. Inoltre si passa dalla rotazione biennale delle colture a quella triennale diminuendo l’impoverimento dei terreni e aumentandone il rendimento. Un’ ulteriore, grande innovazione tecnologica sta nella diffusione del mulino ad acqua.

Effetti del Buon Governo in città, 1338-1340, Sala della Pace, Palazzo Pubblico, Siena di Ambrogio Lorenzetti,
Ben presto l’effetto incrociato di tutti i fattori porta ad un “surplus” produttivo che viene destinato al commercio e, come sappiamo, il commercio comporta scambi e movimenti di cose, ma anche di persone e di idee. Questa ri-nascita economica genera a sua volta un nuovo ceto sociale molto dinamico e intraprendente, fatto di commercianti, di artigiani, di imprenditori e di professionisti. Giacché dove prosperano gli affari occorrono prestiti, e quindi banche, ed occorre chi li regoli e dirima i contenziosi: contabili, notai, avvocati, magistrati. Sono i prodromi della moderna borghesia.
E’ evidente tutta la differenza rispetto alla precedente società feudale: quest’ultima è stata definita anche “società trinitaria” perché cristallizzata in tre classi sociali: nobiltà, clero e contadini. Il potere era gestito attraverso una gerarchia fissa e piramidale di autorità: sovrano, vassalli, valvassori, valvassini. Era pressoché impossibile il passaggio da una classe sociale ad un’altra; detto in termini sociologici, non vi era alcuna mobilità sociale; si trattava di una società fortemente statica.
Altrettanto statica era la sua economia: un’economia chiusa od autarchica, cioè sostanzialmente priva di commerci, nella quale tutto il necessario per la vita e per il lavoro veniva prodotto e consumato all’interno di ogni singolo feudo. La vita e le attività produttive (essenzialmente agricole) si svolgevano quasi esclusivamente nelle campagne, intorno ai castelli feudali, nei quali la popolazione era pronta a rifugiarsi per difendersi dalle possibili aggressioni. Di conseguenza le città si erano spopolate.
Con la successiva rinascita dell’economia e dei commerci, con l’esaurirsi delle invasioni barbariche e con la crescita demografica innescata dalle migliori condizioni di vita, assistiamo invece ad un nuovo processo di urbanizzazione. Le città si ripopolano, in quanto centri di commercio per eccellenza: pertanto anch’esse letteralmente “ri-nascono” (e ne nascono delle nuove). La società rinascimentale è elettivamente una società “urbana”.
Autore: Roberto Maria Pittella
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