Il cammino della verità – La teoria platonica delle idee

da | 28 Mar, 24 | Filosofia |

La teoria platonica delle idee

Iniziamo il nostro viaggio con una delle più note e classiche teorie filosofiche intorno alla verità ed alla sua ricerca: la teoria platonica delle Idee.

In particolare nel dialogo “La Repubblica”, ma non solo, l’autore afferma l’esistenza di due mondi contrapposti e con caratteristiche opposte: il mondo delle Idee (o mondo intellegibile) che è perfetto, immutabile, incorruttibile ed eterno, ed il mondo delle cose (o mondo sensibile) che è imperfetto, mutevole, corruttibile e caduco.

Qui c’è un netto e rigido dualismo tra i due mondi, come c’è dualismo tra anima e corpo, dei quali il secondo è considerato addirittura alla stregua di un “carcere” per la prima.

Tuttavia Platone stabilisce tre “canali” di collegamento tra i due mondi. La mimèsi (o imitazione) è quel rapporto per cui le cose sono imitazioni (imperfette) delle Idee, che a loro volta sono i modelli (o archetipi) perfetti di cui le cose sono imitazioni; la metessi (appropriazione o partecipazione) è quel rapporto per cui le cose partecipano, “prendono una parte”, delle Idee corrispondenti: le cose belle partecipano all’Idea(-le) del Bello, le cose buone all’Idea(-le) del Bene, i cavalli all’Idea(-le) di cavallo; infine la parousìa (presenza) è quel rapporto per cui le Idee sono presenti (ma solo in parte) nelle cose corrispondenti.

Questi tre canali di collegamento attenuano ma al tempo stesso confermano il dualismo, la contrapposizione, tra i due mondi.

Ebbene, secondo Platone ci sono “cose” che possono “partecipare” (tramite la metexis o metessi) contemporaneamente a diverse idee, per esempio all’Idea di “cavallo”, all’Idea di “corsa” ed a quella di “velocità”.

Quanto ai concetti “negativi”, come il male, il brutto, l’ingiusto, non vi è bisogno di Idee specifiche, perché le cose o le azioni cattive, brutte ed ingiuste sono caratterizzate dalla misura in cui differiscono e si allontanano dall’Idea del Bene, del Bello e del Giusto.

Si noterà che ho scritto sempre la parola “Idee” con la maiuscola. Ciò perché le Idee platoniche non vanno intese nel senso che noi moderni diamo alla parola quando diciamo: “Ho avuto un’idea.” Le Idee platoniche non sono prodotti della nostra mente, ma modelli, archetipi che hanno un’esistenza propria ed eterna. Quindi esistono da sempre e sempre esisteranno.

Dopo aver analizzato la distinzione e la contrapposizione dualistica tra mondo delle Idee (o mondo intellegibile, o Iperuranio) e mondo delle cose (o mondo sensibile) si tratta ora di capire come la nostra mente possa arrivare a conoscere le Idee (nel senso platonico già chiarito), visto che queste appartengono ad un mondo trascendente e sovrasensibile. Tutti conosciamo il celebre mito della caverna col quale Platone, nel dialogo “La Repubblica”, ci spiega come noi viviamo prigionieri in un mondo di ombre (apparenze ingannevoli), che è poi il mondo sensibile, e da questo dobbiamo faticosamente risalire per gradi al mondo della luce (la verità), che è il mondo intellegibile delle Idee.

Uno degli aspetti più interessanti della teoria è proprio quello che concerne i diversi “gradi” della conoscenza attraverso i quali possiamo risalire dalle apparenze alla verità.

Innanzitutto il “meccanismo” che ci permette di risalire di grado in grado è quello dell’anamnesi o reminiscenza (ricordo). La nostra psiche (termine che in greco denota sia l’anima, sia la mente) può gradualmente “ricordare” le Idee (la verità) perché prima di incarnarsi nel corpo ha vissuto nell’Iperuranio, ossia proprio nel mondo delle Idee. Solo che poi le ha dimenticate incarnandosi nel corpo a causa del contatto con la materia, che è imperfetta.

Ma quali sono i gradi della conoscenza che la nostra mente deve percorrere e risalire? Sono quattro e li analizzeremo dal più basso al più elevato.

Il grado inferiore è l’ eikasìa (immaginazione), che è il livello meno affidabile perché l’immaginazione può generare anche entità inesistenti ed impossibili come per esempio gli esseri mitologici. Poi vi è la pistis (credenza), che non è ancora del tutto affidabile in quanto soggettiva, ma è superiore alla pura immaginazione perché per “credere” in qualcosa dobbiamo avere già delle motivazioni almeno plausibili.

Fin qui siamo sempre nell’ambito del mondo sensibile e quindi nell’ambito delle apparenze.

Il terzo grado della conoscenza secondo Platone è la diànoia (conoscenza mediana o intermedia). Si tratta di una sorta di “ponte tibetano” gettato tra mondo sensibile e mondo intellegibile. Suo strumento specifico è la matematica, che è già una conoscenza intellegibile, ma è ancora viziata, limitata, dal contatto col mondo sensibile, rappresentato dalle forme geometriche e dai numeri (ricordiamo l’ascendenza pitagorica presente in Platone e il fatto che per i pitagorici i numeri erano entità non solo concettuali, ma anche fisiche).

Il quarto e supremo grado di conoscenza è la noésis (pura intellezione), che è la “visione mentale” diretta delle Idee, possibile, come già illustrato, tramite l’anamnesi o reminiscenza.

Per Platone vi è poi un’Idea suprema che spicca per importanza su tutte le altre. Si tratta dell’Idea del (Sommo) Bene. L’autore afferma che essa si trova “oltre l’essenza”. Per capire a fondo il senso dell’affermazione possiamo ricorrere al concetto matematico di “proporzione”. Possiamo dire, cioè, che l’Idea del Bene “sta” alle altre Idee come queste “stanno” alle cose, ossia rende possibili la loro esistenza e la loro conoscenza.

Con un’altra metafora matematica potremmo dire che l’Idea del Bene è “un’Idea “alla seconda potenza”, ossia “l’Idea delle Idee”. In altri termini in tutte le Idee è presente (in parte) come modello l’Idea del Bene, così come nelle cose è presente in parte l’Idea corrispondente (vedi quanto detto in precedenza a proposito della parousìa). Per questo l’Idea del Bene è, come afferma testualmente l’autore, “oltre l’essenza”: non perché non sia essenza (cioè realtà vera ed autentica), ma anzi perché lo è più delle altre, essendo “l’essenza di tutte le essenze”, ossia quella verità “prima” che rende vere e possibili tutte le altre.

Fin qui abbiamo scoperto come la teoria platonica delle Idee abbia almeno una duplice valenza. La prima è di natura ontologica… Esistono due mondi contrapposti: quello intellegibile e quello sensibile, con caratteristiche opposte, come abbiamo chiarito più sopra. La seconda valenza è di natura gnoseologica: attraverso un adeguato cammino noi siamo in grado di risalire, in chiave conoscitiva, dal secondo al primo, dal mondo dell’illusione (quello in cui viviamo comunemente) a quello della verità.

Ma le scoperte non finiscono qui.

Infatti è interessante osservare come Platone, questa volta nel bellissimo dialogo “Simposio”, presenti un’altra via che può condurci per gradi fino al Sommo Bene. Si tratta, a differenza di quella illustrata sopra, di una via “a-logica”, cioè extrarazionale, che è la cosiddetta “scala dell’Amore”. Partendo dal gradino più basso, l’amore per i corpi belli, essa ci conduce all’amore per le belle anime, a quello per le belle leggi ed istituzioni, a quello per la bellezza della conoscenza ed infine all’amore per la Bellezza in sé, l’Idea stessa del Bello, che poi coincide con l’Idea del (Sommo) Bene in virtù del concetto greco di “Kalokagathia”, per cui Bello e Bene sono inscindibili.

A questo punto scopriamo che la teoria delle Idee, oltre al significato ontologico ed a quello gnoseologico, ne ha anche uno etico: il cammino della conoscenza, il cammino verso la verità, è anche un cammino verso il Bene, quindi un cammino di riscatto e di perfezionamento morali.

Lo stretto legame tra questi diversi aspetti del cammino verso la verità è forse uno degli insegnamenti più illuminanti ed ancor oggi più attuali della teoria platonica delle Idee.

Autore: Roberto Maria Pittella

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