Parte 1/3 – Cosa rappresenta la chimera?
Abstract
L’articolo a seguire costituisce la prima parte dell’analisi in chiave psicoarchetipca della Chimera e del cavaliere Bellerofonte. A prima vista, questa classica storia mitologica ci fa riflettere su come sebbene questi racconti fossero assurdi, incoerenti e nel migliore dei casi, favole fantastiche, esse in realtà contenevano più piani di lettura.
Grazie alle intuizioni degli autori rinascimentali, sappiamo che dietro queste apparenze, si celavano simboli il cui scopo era di rivolgersi alla parte inconscia della nostra psiche affinché essa potesse fare conoscenza di sé.
Cominciamo con analizzare la figura della chimera. Articolo precedentemente pubblicato qui ad ottobre 2021.
1 – Introduzione
Questo articolo si inserisce nel filone intrapreso alcuni anni fa dedicato alla psicologia archetipica secondo la quale, all’interno dei racconti degli dei dell’antica Grecia, vi sarebbero celati sia gli archetipi che il filosofo Platone considerava l’origine e l’essenza che precede il mondo immanente, che quelli, che secondo lo psicoanalista svizzero Jung, forniscono i modelli al cosiddetto inconscio collettivo.
A nostro avviso, vi sarebbero specificatamente alcuni personaggi, come i mostri e gli eroi, che incarnerebbero le paure da noi provate ed i suggerimenti su come esse, secondo gli antichi, vadano affrontate.
Oggi, è arrivato il momento di parlare della Chimera e dell’eroe Bellerofonte.
2 – La storia
Cominciamo col narrare la storia facendo riferimento all’Iliade di Omero ed al libro intitolato Biblioteca dello scrittore del II sec a.C. Pseudo Apollodoro.
L’eroe è un giovane di nome Ipponoo, soprannominato Bellerofonte per aver ucciso un tale di nome Bellero.
Di nobile nascita, era figlio di Glauco Re di Corinto, mentre secondo Apollodoro, era figlio del dio Poseidone.
Evidenziamo qui che attribuire la paternità ad un dio non era un espediente letterario, che agli occhi di un lettore contemporaneo può apparire ingenuo ed irrazionale, ma secondo la nostra rilettura, starebbe ad indicare un determinato attributo psicologico che caratterizzava il protagonista.
Ci viene descritto come un personaggio dalla vita travagliata e costellata da una serie di vicende sfortunate che iniziano con l’assassinio involontario di un concittadino di nome Bellero e di come, sia costretto a rifugiarsi nella città di Tirinto per espiare la colpa.
Qui viene ospitato dal Re Preto e dalla regina Stenebea – Σθενέβοια/Stenaboia, il cui nome, secondo il vocabolario greco antico/francese Bailly deriverebbe dal sostantivo σθένος – stenos, che vuol dire «forza», «vigore»,«potenza» e da , βοῦς – boys che significa «bue», «vacca».
Gli antichi, che tra le altre cose, consideravano la vacca come l’animale forte e possente a cui far trainare l’aratro, volevano forse suggerirci, che ella fosse particolarmente capace a dirigere ed influenzare gli altri ed in particolare, come avremo conferma tra poco, il proprio marito.
Oggi, diremmo con un termine semplificativo, che ella fosse abile nel manipolare il prossimo.
Ed infatti, dopo aver tentato di sedurre Ipponnoo/Bellerofonte [1] e venendone respinta, convinse subdolamente il marito che invece fosse stato il cavaliere ospite presso di loro a sedurla.
A questo punto Preto, costretto ad onorare le leggi greche relative all’ospitalità, che gli impedivano di non uccidere un ospite, la Xenia, lo invia dal re Liobate assieme ad una lettera che conteneva l’invito di uccidere a posto suo l’eroe protagonista di questa storia.
Liobate, invece di macchiarsi di un delitto, chiede a Bellerofonte di abbattere la Chimera che stava facendo razzia del suo bestiame, che in groppa al suo cavallo alato, il mitico Pegaso, la sopprime.
Adesso vedremo come dietro ad un racconto così scarno di dettagli e allo stesso tempo, sintetico, si possano nascondere tante immagini il cui scopo è rivolgersi direttamente al nostro nostro inconscio e quindi alla nostra anima.
[1] Nella seconda parte di questo saggio avremo modo di analizzare il significato etimologico del vero nome del protagonista di que-sta storia e, in accordo con il modello elaborato da James Hillman, vedremo quali erano le immagini che questo sostantivo nominale evocava nella mente degli antichi.
3 – La chimera
Era di stirpe divina, non di uomini, nella parte anteriore un leone,
nella parte posteriore un serpente,
e nel mezzo una capra, respirando in avanti in modo terribile
la potenza del fuoco ardente. (Omero – Iliade VI 180-184)
Ma chi era questa figura enigmatica che è entrata a far parte del linguaggio comune con l’espressione che fa riferimento ad un’illusione o ad un’idea improbabile?
Omero nell’Iliade, ce la descrive come “[…] di stirpe divina, non di uomini, nella parte anteriore un leone, nella parte posteriore un serpente, e nel mezzo una capra, respirando in avanti in modo terribile la potenza del fuoco ardente.”
Al contrario delle figure bestiali precedentemente incontrate, più che un mostro temibile, questa figura ci sembra uno scherzo della natura.
Di lei sappiamo che fosse la figlia di Tifone, il mostro più terrificante di tutti e di Echidna, che nella metà superiore era una ninfa ed in quella inferiore, al posto delle gambe, aveva due serpenti, dai quali aveva preso le sembianze che la rendevano così bizzarra.
Ma facciamo un passo avanti e domandiamoci quali fossero, al di là del suo aspetto fisico ed in accordo con l’approccio da noi adottato, gli archetipi che questa figura mitologica personificava.
4 – Cosa rappresenta la Chimera?
Cominciamo col far notare che il padre Tifone, come avevamo spiegato nell’articolo dedicato al combattimento che ebbe contro Zeus, rappresenta l’archetipo della rabbia incontrollabile ed esplosiva, frutto di una ferocia vendicativa che in realtà aveva per obiettivo la madre Era [2], mentre da Echidna, eredita il serpente velenoso situato a posto della coda.
Infatti in greco antico echidna vuol dire vipera.
Coerentemente con questa descrizione Pseudo Apollodoro ci vuole far intendere che questa bestia mitologica sfogava la sua aggressività “devastando il paese e tormentando il bestiame”, esternando la sua rabbia distruttiva e generalizzata.
Vediamo adesso, mediante l’analisi etimologica del nome, se siamo in grado di rinvenire qualcos’altro.
Iniziamo col dire che in greco antico il nome si scriveva Χίμαιρα – chimaira, ovvero capra, di cui possedeva il collo e la testa, aggiungiamo noi, un animale che ben si adatta ai climi freddi.
Ma un altro indizio ce lo fornisce lo studioso di mitologia Kerenyi, il quale riporta alcuni racconti che riferivano che essa fosse vissuta un solo inverno.
Ed infatti, sebbene l’analisi etimologica tradizionale non ci fornisce alcun indizio, la parola con cui il sostantivo femminile χίμαιρα – chimaira, omofonicamente ci rimanda al sostantivo femminile χιών – chiòn , che significa neve che, se da un lato ci rimanda al freddo invernale, dall’altro questo richiamo alla neve, al fresco ed alla montagna [3], è un’immagine che stride con il calore sprigionato dalle fiamme emesse dalla bocca del leone.
Non solo, ma se osserviamo con attenzione alcune immagini, notiamo che la testa della capra è rivolta all’indietro, in senso opposto alla direzione in cui si rivolge lo sguardo del felino.
A cosa ci conducono queste considerazioni?
Ci fanno comprendere che questo capriccio della natura condensi su di sé l’archetipo che sta dietro alle contraddizioni, ai paradossi ed alle stravaganze.
Facciamo notare come una montagna dell’antica Licia, che tutt’ora attraverso le pietre emette fiamme, era stata battezzata dagli antichi proprio col nome di Chimera.
E di fronte ad una siffatta visione, qual’è il sentimento che ci pervade?
Il disorientamento, lo stupore o lo sgomento.
Simile, per esempio, a quello che proviamo quando ci troviamo a dover scegliere tra due alternative, una in antitesi all’altra.
O allo stato d’animo che avvertiamo quando, di fronte ad una contraddizione apparentemente insanabile, proviamo la sensazione che ci manchi la terra sotto i piedi.
[2] La rabbia di Tifone nei confronti della madre, deriva, ricordiamo dal fatto che ella si ingravidò da sé in un momento di rabbia rivolta contro io marito Zeus che aveva avuto un figlio da altra donna.
[3] Ricordiamo che χίμαιρα – kimaira significa capra che come abbiamo detto, si tratta di animale adatto a vivere nei climi freddi.
5 – Come reagire a questo stato d’animo?
Facciamo la premessa che durante i nostri studi abbiamo scoperto e molte evidenze in favore di questa tesi ce lo hanno confermato, che lo scopo di questi racconti, è quello di contenere anche alcuni suggerimenti su come paure o turbamenti possano essere affrontati.
Nel caso specifico qui in esame, cosa volevano dirci gli antichi su come reagire ai contrasti, ai paradossi o su come ricomporre le contraddizioni, soprattutto in ambito psicologico?
In questo racconto riteniamo di averne individuati due.
Il primo suggerimento su come potersi di fronte a questo genere di eventualità, incarnata nel personaggio di Amisodaro, la seconda invece, che verrà analizzata nel prossimo articolo, quando parleremo di Ipponoo-Bellerofonte e del cavallo Pegaso.
6 – Amisodaro: colui che è accomodante
Di questa figura di secondo piano, ci sono giunte ben poche informazioni.
Sappiamo che era un Re della Licia e padre di due giovani resi immortali dal fatto di aver partecipato alla guerra di Troia.
Ma in quelle poche righe che parlano di lui, troviamo un indizio molto interessante per la nostra ricerca.
Citiamo il passo dell’Iliade:
«Amisodaro, colui che allevò la furiosa Chimera,
una rovina per molti uomini.»
Omero, Iliade 16. 328
Ora il termine allevare, presuppone che questa creatura sia stata nutrita, educata e cresciuta da una persona che evidentemente non si sentiva a disagio di fronte ad essa, né tanto meno, diversamente dal Re Liobate, la temeva.
Come avrà fatto allora Amisodaro a stabilire con lei una relazione?
Non disponendo di altre fonti letterarie abbiamo pensato che forse, anche questa volta, partendo dal presupposto che per gli antichi valesse in detto “nome omen”, la ricerca etimologica sul nome del Re avrebbe potuto fornirci qualche indizio.
Ed infatti, Ἀμισώδαρος – Amisodaros, potrebbe derivare etimologicamente dall’unione dalla particella privativa α – alfa e dal sostantivo neutro μῖσος – misos, che significa «odio», «rancore» o «risentimento» e da δαρός – daros che il Bailly ci informa derivare dall’aggettivo δηρός – deros, che significa « di lunga durata», «lungamente», «a lungo».
In altre parole, Amisodaro richiamava nella mente di chi parlava la lingua di Omero, “colui che è capace di restare lungamente senza rancore”.
Facciamo un passo ulteriore.
Ma quale è la caratteristica delle persone senza rancore?
Dal vocabolario dei contrari, leggiamo che chi è senza rancore è colui che è «affabile», «amichevole», «accomodante» e «indulgente».
Essere accomodanti, secondo l’enciclopedia Treccani [4] significa “[…] chi, per debolezza di carattere o per calcolo, non segue una linea di condotta coerente, ma si adatta alle circostanze o alle esigenze altrui.”
Allora, se nel XXI secolo, caratterizzato dal valore della competitività, considerato il propellente per il progresso, ma anche, dove l’affermazione dell’Ego è sinonimo di personalità libera ed indipendente, l’accomodamento ha finito per assumere un significato negativo, in quanto, a costoro evocherebbe immagini che hanno a che fare con mancanza di incisività.
All’interno di questo contesto, che usa le persone come simbolo per parlare al nostro inconscio, essa costituirebbe la corretta attitudine che permette la cosiddetta congiunzione degli opposti, le contraddizioni interne, i cosiddetti conflitti.
Insomma la Chimera rappresenterebbe da un punto di vista archetipico, quei desideri o aspirazioni personali che per tutta una serie di motivi legati all’educazione od al contesto storico in cui viviamo, siamo costretti a mettere da parte e a ignorare, finendo per generare una sorta di disagio interiore che, se resta inespresso e quindi sotterrato nell’inconscio, conduce, come dice il racconto omerico, ”alla rovina molti uomini”.
Ecco allora che per superare i contrasti interni, quei i disagi indefinibili a cui si fa fatica dare un senso, per compiere quel processo di scoperta della nostra parte più autentica, tramite quello che Jung chiamava il processo di individuazione, è necessario possedere lo spirito di Amisodaro, cioè di colui che mediante l’accomodamento e l’indulgenza nei propri confronti, giunge alla ricomposizione delle contraddizioni interne.
Non è facendo le guerre contro di noi o contro gli altri che perseguiamo la conoscenza di noi stessi, ma solo relazionandoci ed accettando tutto ciò che di diverso o di strano ci troviamo di fronte ci aiuta a raggiungere la consapevolezza.
Ed anche a ricomporre le contraddizioni interne, che inducono ad un equilibrio psicologico che ci rende anche capaci di superare le contraddizioni che sono fuori di noi.
Nella seconda parte tratteremo la seconda strategia per affrontare la chimera, ovvero di come Ipponoo-Bellerofonte ha affrontato la Chimera a dorso del mitico cavallo alato Pegaso.
Continua le SECONDA e TERZA PARTE
[4] https://www.treccani.it/vocabolario/accomodante/
Bibliografia:
-
- Karoly Kerenyi – Gli dei e gli eroi della Grecia (ed. italiana Saggiatore 2015)
- Jean-Pierre Vernant – Mito e religione in Grecia antica 2009
- Edward Casey Toward_an_Archetypal_Imagination.pdf – tratto dal sito academia.edu
- David Miller – James Hillman Il Nuovo Politeismo – La rinascita degli dei e delle dee (prefazione di Henry Corbin) 2016
- James Hillman – Plotino, Ficino e Vico, precursori, della psicologia junghiana – tratto da appunti di una conferenza tenuta in Italia da J. Hillmann.
- James Hillman – Articolo di presentazione della Psicologia Archetipica scritto da James Hillman sul sito Treccani: http://www.treccani.it/enciclopedia/psicologia-archetipica_%28Enciclopedia-del-Novecento%29/
- James Hillman – Re-visione della psicologia Edizione Adelphi 1983
- I mostri non esistono però…Indagine sul mostro in psicomotricità – Marta Marotta
- Jung Opere Torino: Bollati Boringhieri, 1981-2007 vol 14 cap: La dinamica degli opposti psichici
- Henry Corbin- Mundus Imaginalis, o l’Immaginario e l’Immaginale – Parte 1 Tratto dal sito https://www.amiscorbin.com/it/
- Henry Corbin/ Mundus Imaginalis, o l’Immaginario e l’Immaginale – Parte 2 Tratto dal sito https://www.amiscorbin.com/it/
- Esiodo Theogony. 319 si parla di chimera
- Pseudo apollodoro Biblioteca 2.3.1 e 2.3.2
- Omero . Iliade VI 180-184 descrizione chimera
- Th. 300 descrizione echidna
- Omero, Iliade XVI, v. 328 Amisodaro
- Omero Iliade 16.328
- Il sito www.theoi.com la più ricca libreria digitale di libri e testi riguardanti la mitologia greca raccolta dalla biblioteca dell’università di Oackland e, adoperata da Nasa, e dalle università dell’MIT, Stanford, Harvard e Yale.
- https://www.hellenicgods.org/
- http://www.nilalienum.it
Vocabolari consultati
-
- Dizionario della Lingua Greca di Franco Montanari – Loescher editore, II edizione 2004
- Dizionario di mitologia classica – Garzanti Francesco Perri 1970
- Dizionario etimologico Chantraine-Dictionnaire ètymologique de la langue grecque. Histoire de mots, Ed Klincksieck 1977
- Dizionario Olivetti Latino italiano on line https://www.dizionario-latino.com
- Dizionario on line greco antico – francese “Le « Bailly»” – https://bailly.app/
- Dizionario Diccionario Griego-Español on line – http://dge.cchs.csic.es/xdge/
- Dizionario greco antico on line – dell’università di Chicago ΛΟΓΕΙΟΝ – https://logeion.uchicago.edu/λογεῖον
- Liddell, Scott, Jones’ – A Greek–English-German-French Lexicon – https://lsj.gr/wiki/Main_Page
- Bailly Dictionnaire Grec Francais Bailly 1935 vers PDF- scaricato da https://archive.org/details/BaillyDictionnaireGrecFrancais
Autore: Massimo Biecher
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