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Dopo aver approfondito nelle parti precedenti, la ricerca e lo studio su alcuni personaggi che ruotano attorno all’ariete dal vello d’oro, in questa quarta ed ultima parte, giungeremo finalmente alla scoperta dell’archetipo che si nasconde dietro di esso e quali fossero gli insegnamenti che gli antichi volevano trasmettere ai loro popoli.

La funzione della presenza di Frisso ed Elle all’interno del racconto.

Torniamo per un attimo al passaggio di Pseudo Igino in cui si narra che:

[…] e quando [i fratelli] furono saliti sul montone ed esso li aveva portati in mare, Helle cadde dal montone, […] [mentre] portò Frisso fino in Colchide […]
Caio Giulio Igino o Pseudo Igino
Pseudo-Hyginus, Fabulae 3 (trans. Grant) (Roman mythographer C2nd A.D.) :
tratto da https://latin.packhum.org/loc/1263/1/0#2
traduzione ed integrazioni tra parentesi quadra dell’autore.

Questo passaggio sembra essere un pretesto narrativo sia per informarci che Elle cade in mare, che per fungere da collegamento tra la prima e la seconda parte del racconto. Quella in cui ci verrà narrato il sacrificio del montone compiuto da Frisso.

Ma lo rileggiamo “in trasparenza”, saremo in grado di comprendere sia il significato che si cela al di là della letteralità, che il motivo per cui sarà Frisso e non la sorella Elle a giungere a destinazione.
Spieghiamoci meglio.

Frisso, deriva dal verbo φρίσσω – frisso, che può essere tradotto con “fremere”.

Dei due gemelli, lui è quello che si salva e che raggiunge la terra ferma, mentre la sorella Elle – Ἕλλη, cade in mare.

Frisso ed Elle; Museo Archeologico Nazionale di Napoli (inv. 8889); da Pompei, Masseria di Cuomo (Insula Occidentalis VI, 17), IV stile pompeiano (45-79 d.C.). tratto da https://commons.wikimedia.org/wiki/File:Affreschi_romani_-_Pompei_-_Frisso_ed_Elle.JPG.

Ricordiamo che la giovane porta un nome che evocava nelle antiche immagini che, potrebbero derivare dal verbo ἐλλείπω – elleipo, che potremmo tradurre con “rimanere indietro”, “difettare”, “mancare”.

Il passaggio in questione sembra quindi suggerire due cose.

La prima, che colui che “freme” raggiunge i suoi scopi ed in questo caso specifico, raggiunge sano e salvo la Colchide.

La seconda, che a chi, ed in questo caso specifico Elle, questa sorta di tensione interiore “difetta” o “manca”, è destinato a rimanere indietro.

È come se grazie all’archetipo ed alle qualità che il montone dal tosone d’oro rappresenta, fosse possibile “volare” lontano.

Ma dobbiamo pure evidenziare che questo volare sopra i mari sembra indicare anche altro.

L’immagine di un individuo sulle spalle del montone volante, da un punto di vista allegorico, sembra volerci evocare l’immagine che quando gli archetipi che il montone sacro impersona agiscono dentro di noi, possiamo essere trasportati lontano.

Mari, a loro volta, che secondo alcune interpretazioni, sarebbero all’interno dei racconti mitologici l’equivalente del mondo delle emozioni.

Ci riferiamo, in particolare, di quelle tempestose ed ancestrali, che restando in questo specifico caso al di sotto di chi cavalca l’ariete, non ci riguardano.

Stiamo parlando delle stesse di cui Poseidon, come da noi spiegato all’interno di in un altro contesto, sarebbe il “signore”, il “maestro” o lo “sposo”. Pertanto, ci sembra di comprendere che quando si è “impossessati” da ciò che simboleggia il dono di Nefèle ai figli, le emozioni forti non ci toccano e pertanto non veniamo distratti o sviati dai nostri propositi.

Forse è per questo motivo che Elle, che rappresenta una sorta di alter ego dell’archetipo dell’Anima di Jung, tema che abbiamo affrontato e chiarito all’interno di un nostro saggio avente per tema la leggenda di Orfeo ed Euridice ([1]) , cade in mare.

Come dire che quando siamo a cavallo del Crios Crisomallo, la parte sensibile o più impressionabile che è in noi tende ad affievolirsi o a svanire.

Ribadiamo che quest’Anima con la A maiuscola non è l’anima intesa come sinonimo di Psyche, bensì è l’omologo di uno degli archetipi inconsci junghiani ([2])

Ci riferiamo invece a quelle prerogative che sarebbero prevalentemente, ma non esclusivamente, femminili, come la capacità di ascolto, la comprensione, l’empatia, la sensibilità e l’intuizione.


[1] Saggio: “Analisi del mito di Cerbero Orfeo ed Euridice” di Massimo Biecher ospitato all’interno del libro intitolato «La mitobiografia e l’iridologia» di Daniele Lo Rito e Marianna Velotto.
[2] vedere qui https://www.jungitalia.it/2015/07/28/psicologia-della-donna-in-ognuna-vive-un-uomo-interiore-animus-clinica-dinamiche-e-strutture-dellanimus-nella-donna/

Cosa si nasconde dietro al sacrificio del montone dal manto d’oro agli dei?

Anche l’episodio del sacrificio del Crios Crisomallo a missione compiuta, sottintende altri concetti molto interessanti.

Come abbiamo chiarito all’interno di in un altro contesto, l’offerta di un animale ad una divinità da parte di una “umanità fanciulla”, usiamo un termine caro allo studioso Paul Veyne, assume, da un punto di vista psicologico, un significato diverso.

Sacrificio infatti, deriva dal latino sacerfacere, cioè “rendere sacro”. Che sul nostro piano di lettura equivale a riconoscere, a prendere coscienza e a riflettere sul principio psichico rimosso e quindi facente parte del nostro inconscio.

Quel principio che è rappresentato dalla divinità alla quale ci stiamo rivolgendo.

In termini psicoanalitici potremmo dire che colui che fa l’offerta è chiamato a far venire a galla quegli aspetti della propria personalità che fino a quel momento sono stati ignorati o respinti.

Aspetti che secondo il modello junghiano appartengono alla cosiddetta Ombra, un altro archetipo junghiano, che sarebbe una sorta di luogo oscuro dove risiede il materiale inconscio e rimosso.

L’ombra è un problema morale che sfida l’intera personalità dell’ego, poiché nessuno può prendere coscienza dell’ombra senza un notevole sforzo morale. Diventarne consapevoli di ciò implica riconoscere gli aspetti oscuri della personalità come presenti e reali. Questo atto è condizione essenziale per ogni tipo di conoscenza di sé […]
Tratto da Jung CW Vol 9-2 – Aion researches into the phenomenology of the self. Cap II – L’Ombra
traduzione dell’autore

Lo stesso col quale dobbiamo fare i conti se vogliamo conoscere il nostro Sé, la nostra essenza, per comprendere chi siamo veramente al di là delle nostre maschere, che l’analista e studioso svizzero chiamava “Persona” ma anche i nostri egoismi, quelli generati dall’ “Ego” o “Io”.

Ecco spiegato il motivo perché Frisso, una volta raggiunta la Colchide e salvata la propria vita, sacrifica al dio Zeus, sia secondo Pseudo Apollodoro (Bibliotheca 1.9.1) che Apollonio Rodio (Argonautica 2.1141), l’ariete dal vello d’oro.

Ricordiamo infatti che Zeus, esprimerebbe in ambito psicologico il prototipo di ciò che ha a che fare con la vitalità che ci spinge a vivere pienamente la vita, che ci guida ad essere quello che realmente siamo, a manifestare quella che Platone chiamava la φύσις – physis, ovvero l’essenza del nostro sé.

Stiamo parlando in particolare alla teoria della ghianda di Hillmann.

Ma all’interno del nostro contesto avrebbe senso anche il sacrificio ad Ares, così come viene menzionato da Pseudo Igino: “ […] e mise la sua pelle dorata nel tempio di Marte”.

Cosiddetto “Ares Ludovisi” o “Marte Ludovisi”. Marmo pentelico, copia romana del 320 a.C ca Tratto da: https://commons.wikimedia.org/wiki/File:Ares_Ludovisi_Altemps_Inv8602_n2.jpg

Ricordiamo infatti che Marte, colui che per i romani era il dio della guerra e che secondo la nostra interpretazione, sarebbe colui che è chiamato a raffigurare non tanto l’aggressività intesa come la pulsione che ci fa agire in modo precipitoso e violento, quanto l’istinto, il più delle volte inconscio, che precede l’agire.

Il sostantivo aggressività, infatti, deriva dal verbo latino “aggrĕdĭor” il quale si trova tradotto con “muoversi verso”, “muoversi in direzione di”, “dirigersi”, “avvicinarsi”, “cominciare”.

Pertanto, non possiede in sé alcuna valenza negativa, ma si limita a descrivere lo stato psichico, che precede il movimento e l’azione.

Stiamo parlando di quella sorta di energia, che sarebbe a monte dell’archetipo di cui il montone sacro si fa interprete.

Cosa rappresenta il Crios Crisomallos?

Un ulteriore indizio, lo rinveniamo grazie all’analisi del sostantivo κριός – crios che significa montone.

Secondo il vocabolario Scott Jones, deriverebbe etimologicamente, ci riferiamo alla trasposizione del vocabolario greco/francese Bailly, da κέρας – keras, cioè “corno”.

Non vogliamo assolutamente mettere in discussione l’attribuzione del noto grecista francese Anatole Bailly (1833-1911) ([3]), ma a nostro avviso, “crios” sembra derivare da qualcos’altro.

Ci riferiamo al fatto che per somiglianza quasiomofonica crios richiami il ver-bo κρούω – kroyo, il quale assume il significato di “colpire”, “percuotere”, “tenta-re”, “conficcare”, “urtare contro”.

Ma la cosa ancor più interessante, è che secondo il vocabolario LSJ, il medesimo verbo può essere tradotto con “mettersi alla prova” o “cercare di fare”.

A rafforzare la validità della nostra proposta di interpretazione etimologica, c’è il verso di PseudoIgino appartenente alle Fabulae 188 presentato nella prima parte.

[…] Poseidon la rapì e la portò all’isola di Crumissa [nome originale Κρούμισσα N.d.A.]. […]
Igino l’Astronomo o Pseudo Igino, Fabulae – 188
testo originale inglese tratto da https://topostext.org/work/206
traduzione dell’autore

In quel passo leggiamo che il Crios Crisomallos, nasce nell’isola di Crumissa che ricordiamo, in greco antico si scriveva Κρούμισσα – Croymissa.

La somiglianza sia omofonica che ortografica tra il verbo κρούω – kroyo ed il nome con cui fu battezzata l’isola che ha ospitato i natali del personaggio oggetto della nostra analisi, ci pare un po’ di più di una mera coincidenza.

Al contrario, sembra fornire sostegno alla nostra ipotesi.


[3] Ricordiamo qui che la lingua greca è una lingua cosiddetta polisemica. Questo vuol dire che ogni verbo o sostantivo può avere innumerevoli e talvolta contrastanti significati. È proprio questo il motivo che rende la traduzione di un testo greco antico un’impresa ardua al di là delle complicazioni relative alla grammatica. Solitamente il traduttore quando deve scegliere i significati da inserire nel suo lavoro, a seconda dell’obiettivo della sua ricerca, che può essere di tipo filosofico o religioso come nel caso dell’orfismo, sceglie il significato più attinente al contesto oggetto del suo studio. Noi invece, che cerchiamo riferimenti al mondo della psiche, quando ritraduciamo i testi  dal greco antico, ci soffermiamo sui significati che hanno riferimento proprio al mondo delle emozioni e dei sentimenti.

Essendo pertanto composto nella parte iniziale dalla radice κρούω – croyo, quando gli antichi sentivano pronunciare il nome dell’ovino, le immagini evocate a livello mentale inconscio, contenevano riferimenti ad alcuni comportamenti caratteristici dell’ariete.

Ci riferiamo nel nostro caso a “colpire”, “percuotere” od “urtare contro”.

Ora, se colpire e percuotere, ci rimandano alla “pervicace ostinazione” con cui l’ovino protagonista della nostra analisi colpisce con le corna l’oggetto della sua furia, non ci resta che ipotizzare che non fosse nemmeno un caso che lo strumento che veniva usato in antichità per sfondare gli accessi di castelli o fortezze venisse chiamato proprio Ariete.

Ma in riferimento agli altri significati che abbiamo reperito, ci riferiamo in particolare a “mettersi alla prova” e “cercare di fare”, essi sembrano richiamare l’attitudine che contraddistingue gli individui particolarmente intraprendenti ed efficaci nella vita pratica.

Ed è proprio grazie a quell’ostinazione che caratterizzano l’indole del montone e dalle tracce che abbiamo man mano incontrato, che ipotizziamo, grazie a tutti gli indizi precedentemente raccolti, che egli personifichi gli archetipi della perseveranza, della tenacia e dell’ostinazione.

La perseveranza, in particolare, che al tempo degli antichi greci si diceva καρτερία – carterìa.

La stessa che secondo i seguenti motti o modo di dire, è considerata indispensabile per superare le prove che la vita ci sottopone o che è indispensabile per l’affermazione sul lavoro o nello sport:

  • «Vince colui che soffre e persevera»
  • «La lima consuma il ferro»
  • «Col tempo una foglia di gelso diventa seta»
  • «Chi la dura la vince»
  • «La fatica promette il premio e la perseveranza lo porge»
  • «Gutta cavat lapidem – La goccia scava la pietra (Lucrezio)»
  • « Se poniamo a confronto il fiume e la roccia, il fiume vince sempre non grazie alla sua forza ma alla perseveranza.» (Buddha)
  • « La perseveranza è ciò che rende l’impossibile possibile, il possibile probabile ed il probabile certo ». (Robert Half)
  • «Son convinto che circa la metà di ciò che separa gli imprenditori di successo da quelli che non l’hanno è la pura perseveranza.» (Steve Jobs)

A questo punto le riflessioni fin qui effettuate assumono un nuovo senso e ci aiutano a rendere più variegato l’archetipo che si nasconde dietro all’ariete.

Vi riferiamo per esempio al verbo φθίνω – fthino, incontrano nella prima parte, che richiama qualità come l’essere “incessante e continuo”.

Ma anche il fatto che essendo figlio di Poseidon, il dio che si manifesta nel mondo concreto, rappresenta ciò che riguarda gli aspetti pratici della vita. (vedi parte due)

O ancora, Atamante, il padre di Frisso ed Elle, che abbiamo incontrato nella seconda parte, incarnava il ruolo di coloro che, al contrario dell’ariete dal vello d’oro, sono “mutevoli”, “volubili” ed “incostanti”.
Così come Nefèle, colei che era “triste” e “malinconica” forse perché aveva perso ogni speranza, sentendo da lontano che i propri figli “vacillano”, “esitano” o “sono incerti” invia loro l’unico strumento che può toglierli dai guai, che non è un bene materiale, ma è un istinto, un’immagine mentale.

Quello che, sotto le spoglie del montone dal vello d’oro, infonde ai due giovani, la “perseveranza”, la “tenacia” o l’“ostinazione” che servirà loro, che come abbiamo visto sempre nella seconda parte “vacillavano”, “esitavano”, “titubavano”, “erano incerti”, a fuggire dalla “selva in cui si erano sperduti”.
Ma l’ariete dal Toson d’oro, possiede anche altre tre peculiarità.

La prima è che si tratta di una predisposizione che è già dentro di noi, (ricordate quando abbiamo detto che Nefèle scopre questa dote riflettendo su di sé?).

La seconda è che si tratti di una sorta di fuoco sacro che ci fa fremere dentro (rammentate come più sopra avevamo spiegato che il nome Frisso richiama il significato del verbo φρίσσω – frisso?).

Ed infine chi come Elle – Ἕλλη, colei che si è lasciata sopraffare dalle emozioni intense (ci riferiamo al riferimento alla sua caduta in mare), lascia intendere che ad essa “difetta” o “manca” totalmente la perseveranza/καρτερία – carterìa.

La perseveranza pertanto, sarebbe da intendere come un elemento chiave dell’evoluzione umana, sia in ambito spirituale, ricordiamo che contribuisce, come diceva Platone, a svelare la bellezza della nostra anima/psyche, ma anche al progresso personale e dell’umanità, come invece direbbero Robert Half e Steve Jobs.

Autore: Massimo Biecher

Autore

  • Cultore della mitologia greca, pubblica saggi che, rileggendo le storie mitologiche dell’antica Grecia attraverso le lenti della psicologia archetipica di James Hillman, mettono in evidenza i riferimenti simbolici al modo della psiche. Autore del libro a breve in uscita, dal titolo «La cosmogonia orfica - il filo rosso che passando per il neoplatonismo, collega Pitagora con la psicologia archetipica» Due dei suoi saggi sono stati pubblicati all’interno dei seguenti libri, • «Il seme della gioia» - Biblios edizioni 2021 • «Analisi del mito di Orfeo ed Euridice» - all’interno del libro del dott. Daniele Lo Rito e dott.ssa Marianna Velotto - 2023 Tiene ogni anno diverse conferenze allo scopo di condividere i risultati delle sue ricerche: Conferenze: 03/03/2022 «La paura all’interno della mitologia greca» - per l’associazione culturale Virtute e Canoscenza 29/03/2022 «Pitagora e la musica: la scienza al servizio dell’arte, la ragione amica delle emozioni” - Presso gli “Amici del Loggione del Teatro alla Scala” 17/12/2022 «La Cosmogonia Orfica e l’uovo cosmico» - presso l’associazione “Arpa magica” a Milano 26/01/2023 «L’uovo cosmico all’interno della Pala di Brera di Piero della Francesca: anello di congiunzione tra la mitologia dell’antica Grecia ed il Rinascimento fiorentino» presso il Rotary Club Se.De.Ca 09/05/2023 «Quale ruolo rivestiva la botanica all’interno dei racconti della mitologia greca, (se indossiamo le lenti della psicologia archetipica?) » - Presso il Museo di Storia Naturale a Milano ospite del Gruppo Botanico Milanese 22/06/2023 « Qual’è il “Nesso” tra Pitagora la Musica ed il mondo delle emozioni ? » - Circolo Filologico Milanese 15/09/2023 «Introduzione alla mitobiografia ed significato discesa nell’Ade di Orfeo» - Spazio Aurea Milano 21/09/2023 «Il mito di Orfeo ed Euridice riletto attraverso le lenti della psicologia archetipica » - Spazio Aurea Milano 12/11/2023 «La cosmogonia orfica - il filo rosso che passando per il neoplatonismo, collega Pitagora con la psicologia archetipica » - Spazio Alda Merini per Filosofia sui Navigli. 11/03/2024 Per la rivista culturale Progetto Montecristo il webinar dal titolo: « Come veniva rappresentata la paura all’interno dei racconti della mitologia greca? Quali erano i personaggi che erano chiamati ad incarnare le doti caratteriali per affrontarle ? » Massimo Biecher è dicembre 2023 vicedirettore della rivista Progetto Montecristo.

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