Ciclo dedicato ad Afrodite – Parte prima: Qual’è l’archetipo incarnato da Afrodite?
Introduzione
Il filosofo francese, nonché storico delle religioni Jean Pierre Vernant (1914 – 2007), nel suo libro, Mito e religione nell’antica Grecia, scriveva:
“Gli dei greci non sono persone con una propria identità, quanto piuttosto risultano essere “potenze” che agiscono assumendo poliedriche forme e segni, non identificandosi mai completamente con tali manifestazioni. Queste potenze sono “il motore del mondo.”
Jean-Pierre Vernant – Mito e religione in Grecia antica 2009
In altre parole, dietro alla mitologia greca caratterizzata da storie riguardanti divinità e personaggi dotati di difetti e debolezze umane, che per secoli è stata forse troppo sbrigativamente liquidata come una forma di religiosità acerba, soprattuto se paragonata alla religione cristiana, si celerebbe un modello psicologico, che parla del modo dei sentimenti e delle emozioni e dil cui scopo era quello di condurre un popolo alla « γνῶθι σεαυτόν – gnothi seayton» ovvero alla conoscenza delle dinamiche che regolano il funzionamento della psiche e quindi alla conoscenza di se stessi.
Archetipi modello delle “forze” che caratterizzano la psiche
Queste forze che non sono percepibili dalla mente razionale, sono quelle che Jung definiva gli “archetipi” o “immagini primordiali” e che, come già anticipato da Platone, costituiscono la “fonte simbolica” dalla quale attingono sia il mondo visibile fatto di persone, animali ed oggetti, ma anche di quello invisibile che é fatto di idee, pensieri ed emozioni.
Qui ci occuperemo in particolare di quell’universo che, come direbbe Freud, è l’ispiratore delle pulsioni umane, ovvero di quelle energie psichiche dalle quali seguono i comportamenti indirizzati verso gli obiettivi più disparati.
Da quelli più pratici, come la ricerca del cibo (o dei soldi per procacciarselo), ma anche di quelle idee e sentimenti che così tanto peso hanno sulla cosiddetta psiche e quindi sull’umore delle persone. (amore, odio, coraggio, paura, perseveranza [i], etc.)
Nella stesura di questo articolo e di quelli che seguiranno, svolgono un ruolo determinate il pensiero e gli scritti di uno studioso in particolare: l’americano James Hillman (1926 – 2011).
Costui, già studente presso lo Jung Center di Zurigo, ne divenne direttore degli studi, e proseguendo ed ampliando il pensiero del maestro Carl Jung sugli archetipi, è considerato il fondatore del movimento chiamato “Psicologia Archetipica.”
In particolare nel cosiddetto manifesto “Why ‛archetypal’ psychology? del 1970, Hillman descrive una psicologia che mescola arte, cultura e storia della filosofia e della società “riportando in vita” i miti del mondo Greco.
Per lo psicoanalista americano, infatti, i miti appartenenti al Pantheon greco, sarebbero la rappresentazione simbolica delle passioni, sia di quelle positive che di quelle negative, che delle pulsioni, sia quelle creative che quelle distruttive che contraddistinguono i comportamenti umani.
In poche parole secondo questo modello, la psiche andrebbe immaginata come un teatro, all’interno del qual gli dei recitano a soggetto dei ruoli che sono consoni con la loro essenza e le immagini create da essi e dalle reciproche interazioni, risuonerebbero nell’animo dell’individuo sotto forma di sentimenti ed emozioni le quali a loro volta, sarebbero il vero motore dell’agire dell’essere umano.
Ecco che gli dei che fino a poco tempo fa consideravamo unicamente personaggi di una religione politeista, si trasformerebbero in caratterizzazioni delle dinamiche interne della nostra psiche.
Le storie degli dei, pertanto andrebbe rilette, intravvedendo in esse non tanto racconti epici e poetici che tanto peso hanno avuto sulla cultura occidentale da un punto di vista artistico, architettonico e letterario, quanto una forma di rappresentazione “ante litteram” dei meccanismi di funzionamento del nostro mondo interiore.
“L’essenziale è invisibile agli occhi” – Antoine de Saint-Exupéry
Parlare degli dei pertanto, non consisterà nell’indugiare sugli episodi salaci che riguardano le loro vite oppure, sulle loro imprese eroiche e su un ascolto delle loro avventure scritte in forma poetica con lo scopo di lasciarsi trasportare dai versi di questi grandi poeti del passato.
Non proporremo nemmeno come direbbe Friedrich Schelling (1775-1854), una lettura tautegorica[i] del mito, bensì, grazie agli insegnamenti dello studioso tedesco Friedrich Creuzer (1771 – 1858), ci sofrzeremo di andare oltre le apparenze.
Grazie allo studioso tedesco, nella cui opera intitolata «Symbolik und Mythologie der alten Völker, besonders der Griechen (1812)» [ii] affermava che il “mito è allegorico”, abbiamo imparato a leggere queste storie, come direbbe Hillman “in trasparenza”, ma nel nostro caso particolare, di cercare i riferimenti al modo della psiche.
In questo modo riteniamo di svelare riguardo ai cosiddetti archetipi aspetti di cui gli dei ed i miti dell’antica Grecia non sono altro che la rappresentazione metaforica.
Oltre ad analizzare le storie, decifrare le raffigurazioni pittoriche o scultoree per trarre indizi riguardanti i vizi e le virtù di cui questi personaggi ne sono i portatori, ci faremo aiutare anche dallo studio etimologico dei loro nomi così come erano scritti e pronunciati nella tradizione antica.
Abbiamo scoperto infatti, che dietro a nomi come Ares, Zeus, Poseidone, nomi che a noi oggi, non dicono più nulla se non per indicare personaggi mitologici, in realtà si celavano, qualità, vizi, virtù, caratteristiche psicologiche e debolezze di cui essi sono i portatori ed interpreti.
Forse per le tracce che il presente conserva, nelle sue radicali matrici, nelle sue strutture e forme grammaticali, nel peso degli etimi inconsci che riposano nella lingua, nell’immaginario collettivo che da sempre trova nell’antichità greca le sue esemplari vie comunicative ed espressive, è possibile per Michelstaedter riaprire la prospettiva filologica percorsa negli stessi anni da Friedrich Nietzsche. La lingua greca si presenta, dunque, come linguaggio autentico di una più vera, più persuasiva visione del mondo: il greco ci permette di dire di più. […]
L’obiettivo è quello di andare oltre «le parole d’una lingua razionalmente vissuta» [la nostra] e di tornare alla lingua in cui il mistero, inteso come estrema possibilità poetica del dicibile, non soccombe al logos (rettorico) ma si esprime attraverso il mythos (persuasivo).
Il logos presocratico si differenzia da quello rettorico in quanto sa conservare il mythos, l’immaginalità, l’apertura. Per questo è la lingua scelta da Michelstaedter e per questo tale scelta può definirsi mistica nel senso etimologico del termine: vicina al mistero.
Alessandro Miorelli e Federico Premi – La lingua greca e il ruolo dell’Antico nell’opera di Carlo Michelstaedter – pubblicato su Kentron n° 33/2017
Il tutto in maniera non molto dissimile da come, ai giorni nostri, l’industria farmaceutica assegna i nomi commerciali ai suoi prodotti.
Ci riferiamo per esempio ai casi in cui il nome contiene un riferimento al principio attivo, pensiamo ad Atropen che contiene Atropina, o quel medicinale che per esaltarne le virtù terapeutiche, chiama Bactrim il farmaco per combattere le infezioni batteriche. O infine il caso in cui ci si vuole riferire all’organo da sanare, pensiamo al Benagol che serve per curare dal mal di gola.
Ad arricchire il quadro, contribuiscono le diverse fonti da cui sia noi, che gli storici ed i filosofi del passato, si sono rivolti.
I racconti che riguardano le varie divinità pur non essendo quasi mai concordanti invece di confonderci, ci permettono invece di ricostruire in maniera più completa sia le storie che li riguardano, che di cogliere quegli aspetti del loro comportamento che ci permettono di comprendere più approfonditamente le peculiarità dell’archetipo che essi interpretano.
Prima di rinviare il lettore all’approfondimento dedicato alla figura che i romani chiamavano Venere e che invece, per i popoli di lingua greca era detta Afrodite, per chi fosse interessato,
invitiamo alla lettura di un saggio che espone in maniera un po’ più approfondita il metodo da noi usato per la nostra analisi e che qui invece, per morivi di brevità abbiamo condensato in poche righe.
Rimandiamo alla prossima parte l’inzio dello studio della figura della dea.
Bibliografia:
- Karoly Kerenyi – Gli dei e gli eroi della Grecia (1951, 1958, 1997 ed italiana Saggiatore 2015)
- Jean-Pierre Vernant – Mito e religione in Grecia antica 2009
- David Miller – James Hillman Il Nuovo Politeismo – La rinascita degli dei e delle dee (prefazione di Henry Corbin) 2016
- Louis Corman – Viso e Carattere . Edizioni Mediterranee 1985
- James Hillman – Articolo di presentazione della Psicologia Archetipica scritto da James Hillman sul sito Treccani: http://
treccani.it/enciclopedia/psicologia-archetipica_%28Enciclopedia-del-Novecento%29/ - James Hillman – Re-visione della psicologia Edizione Adelphi 1983
- https://profcasillo.wordpress.com/110-2/eros-philia-agape-libido-viaggio-nelluniverso-concettuale-dellamore-da-platone-a-freud/
- Il sito www.theoi.com la più ricca libreria digitale di libri e testi riguardanti la mitologia greca raccolta dalla biblioteca dell’università
di Oackland e, adoperata da Nasa, e dalle università dell’MIT, Stanford, Harvard e Yale. - Omero: https://it.wikisource.org/wiki/Inni_omerici/Ad_Afrodite/Inno Inni omerici: Ad Afrodite.
- Friedrich Creuzer – Simbolica e mitologia , ed gennaio 2004 Editori Riuniti – Roma (Titolo originale: Symbolik und Mythologie der alten Volker – 1812)
- Tonino Griffero citato in bibliografia ed intitolato “Prendere il mito “alla lettera”. Schelling filosofo della mitologia “
- Jean Sinoda Bolen : gli dei dentro l’uomo (1994 Casa editrice Astrolabio)
- Jean Sinoda Bolen : gli dei dentro la donna (1991 Casa editrice Astrolabio)
- https://www.theoi.com/Olympios/AphroditeMyths.html#Birth versi di Esiodo sulla nascita
- L’articolo è apparso in forma breve suddiviso in tre parti nel 2020 sul webmagazine www.karmanews.it
[i] ) A tal proposito sempre per Progetto Montecristo abbiamo pubblicato in quattro parti il saggio in titolato “Il significato archetipico dell’Ariete dal vello d’oro”:
https://progettomontecristo.editorialedelfino.it/il-significato-archetipico-dellariete-dal-vello-doro-1/
https://progettomontecristo.editorialedelfino.it/il-significato-archetipico-dellariete-dal-vello-doro-2/
https://progettomontecristo.editorialedelfino.it/il-significato-archetipico-dellariete-dal-vello-doro-3/
https://progettomontecristo.editorialedelfino.it/?s=biecher
[i] ) Tautegorico è un neologismo creato dal filosofo tedesco Friedrich Schelling il quale riteneva che, sussistendo nei miti l’ identità tra essere e significato, essi vanno presi alla lettera e non considerati portatori di altri significati (vedere saggio di Tonino Griffero citato in bibliografia ed intitolato “Prendere il mito “alla lettera”. Schelling filosofo della mitologia “
[ii] ) Ricordiamo che l’opera che trovate citata in bibliografia tanto influsso ha avuto sul pensiero di Jung e di conseguenza su quello di James Hillman
Autore: Massimo Biecher
Molto feconda l’idea di riscoprire il mythos greco come lettura ancora attuale dell’universo, con particolare riferimento a quello della psiche umana. Complimenti!
Caro Roberto, ti ringraziamo per aver apprezzato la ricerca condotta dall’autore.
Il tuo apprezzamento per le pubblicazioni di Progetto Montecristo, ci convincono di aver intrapreso la strada giusta per una rivista che si prefigge di provare a lasciare un segno, seppur piccolo, all’interno del panorama culturale italiano.
La Redazione di Progetto Montecristo