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Ciclo dedicato a Tifone, Ares (Marte) ed Efesto (Vulcano) Le tre facce dell’aggressività – quarta ed ultima parte

Introduzione

Questa è la quarta ed ultima parte relativa al ciclo dedicato ad Ares e dei suoi fratelli, che mediante la lettura in trasparenza, secondo il modello della psicologia archetipica di James Hillman, ci permette di intravvedere i riferimenti al mondo della psiche all’interno di storie che apparentemente sembrano appartenere ad una religione politeista.[i]

Nella prima parte, qui,  abbiamo introdotto la figura di Ares (Marte per i romani) e la madre Hera (da noi più nota col nome Giunone).

La seconda parte invece, ha avuto per soggetto la figura dei fratelli di Ares, Tifone ed Efesto ed abbiamo potuto apprendere come l’aggressività in realtà non sia sempre e solo un evento negativo e distruttivo, come avvenne con Tifone od Ares (noto per essere il dio della guerra), ma essa se sublimata, può essere portata a beneficio e vantaggio del progresso e della cultura.

Nella terza, abbiamo raccontato della volta in cui Efesto volle vendicarsi della madre e della volta in cui Ares fu catturato dagli aloadi.

In queste prime tre parti abbiamo visto come gli antichi volevano presentare l’emozione dell’aggressività sotto tre forme diverse e di come essa, se non contenuta e guidata, porti alla vendetta (Efesto sull’Olimpo), oppure può degenerare in energia espansiva-esplosiva.

Oggi è arrivato il momento di tornare di nuovo al dio Ares e menzionare due episodi che riguardano la sua vita.


[i] Abbiamo presentato ai nostri lettori la chiave di lettura che sta  a monte del nostro lavoro nel saggio intitolato :« La mitologia greca e gli archetipi: introduzione alla rilettura dei miti dell’antica Grecia attraverso le lenti della psicologia archetipica» pubblicato su : https://progettomontecristo.editorialedelfino.it/la-mitologia-greca-e-gli-archetipi-introduzione-alla-rilettura-dei-miti-dellantica-grecia-attraverso-le-lenti-della-psicologia-archetipica/

Ares affidato a Priapo

Tra i racconti che parlano di Ares, ve n’é uno che riguarda quello in cui la madre Era, ad un certo punto decide di lasciarlo alle “cure” di Priapo, un dio dalle fattezze mostruose e dalle origini incerte

Incisione illustrativa del trattato di Vincenzo Cartari Le immagini degli dei antichi (Stampa di Lorenzo Pignoria, Padova, 1615) Immagine tratta da https://it.m.wikipedia.org/wiki/File:Priapo_Cartari.jpg

 

Anch’egli a sua volta, come i fratelli, è stato abbandonato a sé stesso dalla madre.

Sembra quasi che queste storie ci vogliano suggerire che i bambini che hanno in comune vissuti di abbandono, finiscano per accumulare aggressività non solo nei confronti della genitrice, ma di riversare a loro volta questo rancore anche nei confronti del prossimo.

Questa bizzarra divinità, venerata anche in ambito romano, al di là delle più scontate attribuzioni che riguardano per esempio l’esibizionismo con cui ostenta il proprio fallo, rappresenterebbe gli istinti abbandonati a se stessi, ovvero, la qualità caratteristica che accomuna i cosiddetti desideri, ovvero quegli stati interiori che ci spingono ad ottenere l’oggetto che ha scatenato la nostra brama.

Archetipo che viene trasmesso ad Ares, che come abbiamo detto nella prima parte [ii], rappresenta l’archetipo dell’impazienza, ovvero di quel tipo di spinta interiore di impossibile o assai difficile mediazione, che quando affiora, si trasforma istantaneamente in azione.

Ma c’è un’altra cosa che accomuna Priapo ad Ares ed è la causa che rende loro direttamente od indirettamente la vita difficile ed al contempo personaggi che finiscono per essere considerati ai margini dell’Olimpo.

Ci riferiamo di Hera, la moglie di Zeus (Giove per i romani).

Essa non è soltanto la madre poco affettuosa ed irascibile di Ares, ma secondo alcune leggende, sarebbe colei che, a causa della gelosia per la bellezza della dea nata dalla spuma del mare [iii], maledisse Afrodite quando era in attesa di Priapo.

Questo sortilegio fece sì che questo essere, sebbene sia stato messo al mondo dalla dea più bella di tutte, nasca deforme e per di più mentalmente ritardato.

«Priapo (Priapo): fu concepito da Zeus e Afrodite; ma Hera, in preda alla rabbia gelosa, pose le mani sul ventre di Afrodite operando un maleficio che fece si che nascesse un bambino informe, brutto e troppo carnoso. Sua madre lo scagliò contro una montagna ed un pastore lo allevò [..]»
Suda -Priapo (enciclopedia bizantina del X secolo d.C.). Brano tratto da https://www.theoi.com/Georgikos/Priapos.html
traduzione dall’inglese dell’autore


[ii] Ci riferiamo a quel passo che si trova nel paragrafo intitolato aggressività, dove si dice che «L’aggressività che é un’energia archetipica, rappresenta un modello di comportamento riferito non solo agli aspetti legati all’impulsività e quindi non sempre gradevoli agli occhi altrui, come quando comporta, nella sua versione più degradata, alla prepotenza ed al desiderio di sopraffazione, ma anche a quelli più evoluti che vengono solitamente rappresentati per esempio, da un’idea che diventa un impulso all’azione e che assai bene è rappresentato dal modo di dire “detto-fatto”.»
[iii] Dell’archetipo incarnato dalla dea Afrodite, ne abbiamo già parlato su Progetto Montecristo con 4 saggi, dove abbiamo parlato sia della dea che di alcuni personaggi a lei legati. (“Ciclo dedicato ad Afrodite – Parte prima: Qual’è l’archetipo incarnato da Afrodite? “; “Ciclo dedicato ad Afrodite – Parte seconda: Qual’è l’archetipo incarnato da Afrodite? ” Ciclo dedicato ad Afrodite – Chi erano gli erotes ? – parte prima”; “Ciclo dedicato ad Afrodite – Chi erano gli erotes? – parte seconda” )

Ares e l’archetipo del principio del piacere

Priapo, affresco della casa dei Vettii, scavi archeologici di Pompei Immagine tratta da: https://www.gettyimages.it/detail/fotografie-di-cronaca/the-roman-god-priapus-fresco-from-the-house-of-fotografie-di-cronaca/607216409?adppopup=true (uso a contenuto editoriale)

L’affresco qui sopra riportato, è stato rinvenuto negli scavi di Pompei all’interno della cosiddetta” casa dei Vettii”, che ritrae Priapo nell’atto di pesare il pene su una bilancia a due piatti. [iv]

Al fine di effettuare correttamente la nostra analisi, dobbiamo partire dalla premessa che a Pompei si parlasse il latino e non, come solitamente, il greco antico.

Ebbene, alla nostra sinistra, su uno dei due piatti, è raffigurato un sacco chiuso.

Il sacco, a sua volta, richiama il sostantivo fardello [v].

Ora uno dei termini latini per definire fardello era «fascis» che aveva anche il significato di «fagotto», «bagaglio» ma la cosa che desta il nostro interesse è, «peso».

È come se questa immagine ci stesse dicendo che il piacere, simbolizzato dal pene, rappresentasse una sorta di compensazione, dei pesi della vita, simbolizzati dal “fardello”, o meglio, le difficoltà e le prove che la vita inevitabilmente comporta.

Ecco che questa questa immagine, ci rimanda indirettamente a quello che lo psicoanalista austriaco Sigmund Freud chiamava il “Principio del piacere», ovvero la ricerca del piacere come fuga dalle sofferenze psicologiche [vi] .

Deduciamo allora, che una delle prerogative di Ares, ci riferiamo al fatto che egli è un rinomato attaccabrighe, ovvero di chi va in cerca di risse e battibecchi per il solo piacere di farlo, nascerebbe proprio da qui, come pure quello di essere un donnaiolo che ama andare in cerca di donne altrui (vedere paragrafo successivo intitolato “Il triangolo Afrodite Ares ed Efesto”.)

Altri insegnamenti che Priapo ha trasmesso ad Ares sono, l’arte del combattimento (chissà che non derivi dal medesimo archetipo il fatto che ai giorni nostri, coloro che appartengono alle truppe di assalto, vengano si autodefiniscano “i cazzuti”) ma anche a danzare, fornendoci l’immagine di una figura che è evidentemente più incline ad instaurare le relazioni sul piano fisico, piuttosto che su quello intellettuale.


[iv] Facciamo questa premessa perché l’analisi etimologica avverrà sul latino e non come di consueto, sul greco antico.
[v] Secondo l’enciclopedia Treccani, https://www.treccani.it/vocabolario/fardello/, fardèllo è un «grosso involto da portare per lo più a spalla, o da caricare sopra un veicolo: un pesante fardello»
[vi] Per una definizione più completa ed articolata del principio del piacere, invitiamo il lettore interessato a cliccare il link all’enciclopedia treccani

Il triangolo Afrodite Ares ed Efesto

I destini dei due fratelli Ares ed Efesto, si incrociano diverse volte.

I fatti più eclatanti avvengono durante la guerra di Troia descrittaci da Omero, ma il loro destino é accomunato anche da un “love affair” dove più che due fratelli, si confrontano due personalità e due visioni opposte della vita.

Come abbiamo detto l’unione tra la bella e sensuale Afrodite ed Efesto poco avvenente e storpio, non é basata, come abbiamo visto in occasione dell’episodio in cui Efesto sale sull’olimpo per vendicarsi della madre (qui), sull’amore, ma sulla coercizione.

Afrodite infatti viene considerata dal secondogenito di Hera un po’ come un trofeo ottenuto come risarcimento per essere stato respinto dalla madre proprio a causa delle sue sembianze deformi.

Ma non solo, una volta che riesce ad averla come compagna della propria vita, la trascura a causa del lavoro.

Sebbene questa storia sia stata scritta almeno 2800 anni fa e presumibilmente girasse in forma orale già da molto tempo, potremmo dire oggi: “nulla di nuovo sotto il sole”.

È quindi facile immaginare come una bella giovane, dopo un po’ di tempo, finisca per annoiarsi di un rapporto che non corrisponde alle sue aspirazioni, fino al giorno in cui non irrompe nella sua vita la passione per un giovane, dal fisico atletico, guerriero, passionale ed eccellente danzatore, che quando si trova di fronte ad un’occasione, non se la lascia scappare.

Stiamo parlando di Ares. (ricordiamo come il nome Ares derivando etimologicamente dal verbo αἴρω – airo richiama tra l’altro [vii] immagini come «appropriarsi», «prendere» ed in questo caso specifico, la donna del fratello).


[vii] il verbo αἴρω è probabilmente quello che meglio di ogni altro incarna  la polisemicità del greco antico. Di esso ne abbiamo parlato qui

Joachim Wtewael – Afrodite e Ares scoperti dagli dei foto tratta da https://commons.wikimedia.org/wiki/File:Mars_and_ Venus_Discovered_ by_the_Gods-Joachim_Wtewael.jpg

I due amanti si incontrano indisturbati nella casa di lei fino al giorno in cui il dio Elios (Sole), rivela ad Efesto la tresca.

Rileviamo nuovamente come nei racconti mitologici, i nomi dei protagonisti di queste storie che mescolavano con disinvoltura sacro e profano, indicano una qualità od una pulsione psichica che li contraddistingueva.

In questo caso Elios, che può essere tradotto in prima battuta con «sole», ovvero con la stella madre del nostro sistema solare, sarebbe il figlio di due titani.

Il primo Iperione, che significherebbe «colui che sta in alto», ed il secondo, Teia che starebbe per «colei che guarda o che contempla».

Da un punto di vista archetipico, Elios, prendendo in eredità le caratteristiche di entrambi i genitori, incarnerebbe il significato di «colui che sta in alto e vede tutto».

Efesto allora, non impulsivo come il fratello, ma più razionale e capace di mettere in atto un piano elaborato, invece di irrompere in casa, medita una vendetta ed organizza un piano sofisticato.

Dapprima si reca nelle sue fucine dove crea una trappola fatta di catene sottilissime e pressoché invisibili e quindi, le monta di nascosto sopra il letto coniugale.

Poi finge di recarsi lontano da casa per lavoro.

Osserviamo come torna nuovamente il tema del legame forzato [viii], rappresentato dai fili della trappola, quasi a rimarcare la caratteristica o l’indole di chi invece di amare lasciando libera la persona amata, fonda un rapporto basato su un legame perverso, basato cioè sulla coercizione.

Inoltre questa medesima immagine, ci fa venire in mente quei rapporti soffocanti in cui l’uno controlla in maniera ossessiva la vita dell’altro.

Questo archetipo è lo stesso che si manifesta sotto altra forma anche ai giorni nostri per esempio nel mondo del lavoro, quando il nostro rendimento viene controllato, eufemisticamente si dice “monitorato”, tramite l’uso di tecnologie informatiche.

Ma il medesimo archetipo si manifesterebbe, anche in alcune società od associazioni, dove per esempio si cerca di garantire la coesione e l’unità del gruppo mediante regolamenti, patti scritti e clausole detti, non a caso, “lacci e lacciuoli”.

Ebbene, tornando all’episodio che coinvolge le tre divinità dell’antica Grecia, Ares e Afrodite alla prima occasione vennero colti di sorpresa dall’entrata in funzione del macchinario e quindi intrappolati.

Questa scena, ben rappresentata dal quadro sopra mostrato, crea l’ilarità negli dei dell’Olimpo.

A quel punto Efesto, rivolgendosi al cielo empireo, grida agli dei denunciando il tradimento e dopo una lunga trattativa che coinvolge diversi personaggi mitologici, accetta di liberare i due malcapitati solo dopo aver ricevuto la garanzia da Poseidon, che Zeus lo avrebbe ripagato dei costi sostenuti per i regali di matrimonio.

Al di là dell’incredibile constatazione che 3000 anni fa, questa trattativa, veniva descritta in qualcosa che è molto simile allo svolgimento di un odierno processo di divorzio, dove il rancore e l’attaccamento ai soldi prevale sull’umanità e sull’affetto, si ripropone anche qui il tema di quanto possa essere pesante per un giovane, sopportare il fardello di essere stato abbandonato dalla madre ( ci riferiamo a Efesto, ma come abbiamo visto anche i suoi due fratelli)  e di come questo generi una ferita difficilmente sanabile, che in alcuni casi, può ridursi a vedere nei rapporti affettivi una base solida, soltanto se essi sono tenuti assieme da un legame materiale.


[viii] Vedere l’episodio della trappola tesa alla madre di cui abbiamo parlato qui “Efesto si vendica della madre

Conclusione

Il senso di queste di analisi non é stato quello di fornire risposte definitive, quanto piuttosto di suggerire stimoli, spunti di riflessione intorno a dei modelli riconducili a dei principi primi e quindi applicabili di volta in volta, a tutti campi della vita.

Cominciamo col far notare come il termine aggressività, che nella nostra cultura suona spesso come sinonimo di violenza, anche in latino ed in greco antico, possedeva una diversa accezione.

Infatti deriverebbe dal latino «aggrĕdĭor» che significa, «muoversi verso», «muoversi in direzione di», ma anche «cominciare», quindi non possiede unicamente un significato negativo, ma è un riferimento allo stato interiore e quindi psicologico, che precede la messa in movimento ed all’azione.

Così, come grazie alle storie di alcuni degli dei del pantheon greco, abbiamo visto dove si possa rinvenire una delle cause della genesi dell’aggressività e di come questa energia così temuta e disprezzata, se ben guidata, é quella che in alcuni casi sta dietro al progresso scientifico, ci riferiamo ad Efesto, allo stesso tempo, è quella sorta di energia che alimenta l’azione costante ed ostinata dell’essere umano quando deve conseguire risultati personali o lavorativi, ben rappresentato dall’archetipo dell’ariete dal vello d’oro, del quale abbiamo parlato in un saggio suddiviso in quattro parti su Progetto Montecristo qui.

Abbiamo inoltre analizzato come nelle storie giunte fino a noi, l’essere rifiutati dalla madre, ha condotto i nostri protagonisti a cercare di ottenere l’attenzione o l’ammirazione della figura materna, per mezzo di azioni eclatanti.

Pensiamo a Tifone che sfida gli dei urlando come un ossesso – ma non fanno così anche i neonati quando piangono fintantoché non attraggono l’attenzione su di sé oppure se non vedono immediatamente soddisfatti i propri bisogni?) – oppure, avendo cura del corpo per apparire belli ed atletici come Marte od infine, come Efesto, che fa di tutto per mettersi in luce mediante l’uso della propria intelligenza ed astuzia.

L’aggressività che nasce da questa frustrazione é in fin dei conti, una forma di comunicazione, talvolta sopra le righe, ma una forma sublimata per essere notati dall’oggetto primario del desiderio.

Questa energia pulsionale non é necessariamente in sé distruttiva e divisiva, anzi, pur restando una forza sotterranea, inconscia, a seconda di come viene gestita, conduce al progresso degli individui e delle società.

È un’energia metaforica simile a quella primaverile che conduce al risveglio della natura dopo il torpore invernale, È la stessa che permette di stare concentrati e seduti ore ed ore per studiare perché abbiamo in mente un obiettivo a lungo termine od infine, è quella che è necessaria per praticare uno sport in maniera competitiva e quindi, anche in questo caso, per essere notati dagli altri.

>>> fine della quarta ed ultima parte del ciclo dedicato all’aggressività nella mitologia greca

Bibliografia:

Autore: Massimo Biecher

Autore

  • Cultore della mitologia greca, pubblica saggi che, rileggendo le storie mitologiche dell’antica Grecia attraverso le lenti della psicologia archetipica di James Hillman, mettono in evidenza i riferimenti simbolici al modo della psiche. Autore del libro a breve in uscita, dal titolo «La cosmogonia orfica - il filo rosso che passando per il neoplatonismo, collega Pitagora con la psicologia archetipica» Due dei suoi saggi sono stati pubblicati all’interno dei seguenti libri, • «Il seme della gioia» - Biblios edizioni 2021 • «Analisi del mito di Orfeo ed Euridice» - all’interno del libro del dott. Daniele Lo Rito e dott.ssa Marianna Velotto - 2023 Tiene ogni anno diverse conferenze allo scopo di condividere i risultati delle sue ricerche: Conferenze: 03/03/2022 «La paura all’interno della mitologia greca» - per l’associazione culturale Virtute e Canoscenza 29/03/2022 «Pitagora e la musica: la scienza al servizio dell’arte, la ragione amica delle emozioni” - Presso gli “Amici del Loggione del Teatro alla Scala” 17/12/2022 «La Cosmogonia Orfica e l’uovo cosmico» - presso l’associazione “Arpa magica” a Milano 26/01/2023 «L’uovo cosmico all’interno della Pala di Brera di Piero della Francesca: anello di congiunzione tra la mitologia dell’antica Grecia ed il Rinascimento fiorentino» presso il Rotary Club Se.De.Ca 09/05/2023 «Quale ruolo rivestiva la botanica all’interno dei racconti della mitologia greca, (se indossiamo le lenti della psicologia archetipica?) » - Presso il Museo di Storia Naturale a Milano ospite del Gruppo Botanico Milanese 22/06/2023 « Qual’è il “Nesso” tra Pitagora la Musica ed il mondo delle emozioni ? » - Circolo Filologico Milanese 15/09/2023 «Introduzione alla mitobiografia ed significato discesa nell’Ade di Orfeo» - Spazio Aurea Milano 21/09/2023 «Il mito di Orfeo ed Euridice riletto attraverso le lenti della psicologia archetipica » - Spazio Aurea Milano 12/11/2023 «La cosmogonia orfica - il filo rosso che passando per il neoplatonismo, collega Pitagora con la psicologia archetipica » - Spazio Alda Merini per Filosofia sui Navigli. 11/03/2024 Per la rivista culturale Progetto Montecristo il webinar dal titolo: « Come veniva rappresentata la paura all’interno dei racconti della mitologia greca? Quali erano i personaggi che erano chiamati ad incarnare le doti caratteriali per affrontarle ? » Massimo Biecher è dicembre 2023 vicedirettore della rivista Progetto Montecristo.

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