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Ciclo dedicato a Tifone, Ares (Marte) ed Efesto (Vulcano). Le tre facce dell’aggressività – parte prima

Introduzione: le divinità greche come personizzazione[i] di istanze psichiche.

L’uomo moderno, figlio del pensiero cartesiano, ritiene che una delle attività più nobili della nostra mente sia il pensiero.

E a sua volta, questa attività, secondo il modello sviluppato da Platone prima e dai filosofi neoplatonici poi, opera ed elabora quelle immagini archetipali che oltre a fornire il contenuto del pensiero pre-verbale, sarebbero anche a fondamento della realtà materiale e la causa delle emozioni e dei sentimenti.

Questo modello, che tre le sue origini dall’orfismo, se da una parte era oggetto di studio da parte dei summenzionati filosofi, dall’altra giungeva al popolo sotto forma di racconti mitologici in cui gli dei non erano altro che simboli chiamati ad impersonare le eidos [ii] platoniche.

Divinità che venivano venerate mediante l’edificazione di statue e templi, quasi che la loro presenza “fisica” tra gli uomini, fosse un modo per comprendere, grazie al potere delle immagini, l’anima dell’uomo. (l’anima in greco si chiamava Psiche).

Ecco allora, che la religione politeista assumeva due forme.

Una era la religione tradizionale, nata per placare l’ansia del vivere in un mondo che non conosceva l’energia elettrica e la medicina moderna e che cercava di soddisfare il bisogno dell’uomo di dare una spiegazione sia agli eventi naturali che ai movimenti del cielo stellato.

La seconda era che questi racconti, rappresentavano in forma allegorica le dinamiche del modo delle emozioni e dei sentimenti e il cui scopo era pertanto fare quella che oggi si chiama psicologia ed allora, conoscenza di sé.

Questa visione, è ritornata in auge soprattutto grazie al lavoro di Carl Jung ed a quello del suo discepolo, James Hillman, il quale, riportando in voga gli studi dei filosofi neoplatonici e degli studiosi rinascimentali elabora una cosiddetta psicologia delle immagini.

Se all’uomo moderno questi racconti paiono contraddittori e frutto di una fantasia assai fervida, ricordiamo che per protagonisti ci sono personaggi antropomorfi dotati di poteri sovrumani e le loro storie sono ambientate tra Olimpo, la terra e l’Ade, in realtà, se riletti “in trasparenza”, assumono significati inaspettati.

[Perché] «è molto semplice:» disse la volpe «non si vede bene che col cuore.
L’essenziale è invisibile agli occhi ».

Antoine de Saint-Exupery – Il piccolo principe

La lettura in trasparenza dei miti

Ma cosa significa rileggere queste storie in trasparenza?

Per comprenderlo dobbiamo partire da un dato di fatto.

Il greco antico era una lingua polisemica, ovvero una lingua che all’univocità del significato del segno predilige, la sfumatura, l’allusione, il sottinteso, il riferimento a qualcos’altro.

Il signore di cui è l’oracolo che si trova a Delfi, non dice né nasconde, ma allude
Eraclito – Frammenti tratto dal libro di Diels e Kranz – I presocratici

È pertanto una lingua che si presta a parlare per allegorie e per trasformare, qualunque sostantivo o verbo in simbolo, e quindi, ad un riferimento al mondo dei sentimenti e delle emozioni.

Tanto da farci dire dopo qualche anno di studio, che all’interno dei racconti mitologici

«Nulla è per caso e tutto è allegorico»

Come abbiamo potuto spiegare in passato ai nostri lettori [iii] infatti, quelli che a prima vista sembrano essere racconti fantasiosi ma soprattutto poetici, dove la parola veniva usata sia per abbellire che per dare ritmo e pathos, in realtà ogni elemento grammaticale ha un fine ben preciso.

Tanto che, lo citiamo a titolo di esempio, abbiamo dimostrato come i riferimenti a piante ed alberi, non sarebbero stati messi con lo scopo di di fungere da fondale scenografico, bensì anch’essi fornirebbero indicazioni utili alla comprensione degli archetipi incarnati dagli dei e quindi fornire un insegnamento riguardo al mondo[iv] dei sentimenti e delle emozioni di ciascuno di noi.

Ecco allora, che il motto inscritto a Delfi

«conosci te stesso» – «γνῶθι σαυτόν»

se viene interpretato indossando le lenti della psicologia archetipica, dimostra come le leggende che riguardavano il pantheon greco, avessero lo scopo di fare proprio ciò.

Ovvero, comprendere come siamo fatti internamente per scoprire quali sono le leggi che regolano il mondo della psiche.

In altre parole, dei dell’antica Grecia metterebbero in scena vizi, virtù, pulsioni e nevrosi dell’uomo che ci permettono di comprendere quali sono i principi, quelli come si dice, “da cui tutto inizia”, al fine di creare un modello unificante che descrive il comportamento degli individui applicabile anche al mondo delle organizzazioni e delle società [v].


[i] Sulla sottile differenza tra personizzazione e personalizzazione consigliamo la lettura del capitolo 1 del libro libro di James Hillman intitolato “Re-visione della psicologia”
[ii]2 Platone nelle sue opere adoperava il termine εἶδος – eidos che solitamente troviamo tradotto con «immagine», o addirittura con «idea», in realtà sui nostri vocabolari di riferimento si trova tradotto con «aspetto», «figura», «visione», «ciò che si vede», e quindi, in senso traslato, assume il significato di  «forma» o «figura». Secondo il dizionario greco antico- tedesco Frisk, deriverebbe dal verbo εἶδον, che significa «vedere», «scorgere», «guardare», «osservare», «percepire», «sentire un’emozione» e qui la cosa si fa assai interessante per la nostra chiave di lettura, il LSJ ci dice che sta per «vedere mentalmente».
Pertanto eidos è un sostantivo inerente a ciò che si riesce a vedere, a ciò che si osserva, più che all’oggetto osservato.
La traduzione con idea, in particolare, sarebbe pertanto una forzatura avvenuta in termini recenti che rischia di fuorviare, senza le dovute cautele e fatte le adeguate premesse, dal significato inteso da Platone e dai neoplatonici.

[iii] Consigliamo la lettura di un saggio che riassume il metodo usato per rileggere i testi antichi, pubblicato qui https://www.academia.edu/77992931/Approccio_metodologico_applicato_allo_studio_dei_miti_dell_antica_Grecia e dal titolo: «Approccio metodologico applicato allo studio dei miti dell’antica Grecia»
[iv] Per chi fosse interessato ad approfondire, abbiamo tenuto a maggio 2023 presso il museo di storia naturale di Milano, ospiti del Gruppo Botanico milanese, la conferenza dal titolo «QUALE RUOLO RIVESTIVA LA BOTANICA ALL’INTERNO DEI RACCONTI DELLA MITOLOGIA GRECA» pubblicata in 4 parti, qui https://www.youtube.com/watch?v=Xdiat0O7B3c&t=684s, https://www.youtube.com/watch?v=AjU9nmh75G8 , https://www.youtube.com/watch?v=D44mvTjrQgM e qui https://www.youtube.com/watch?v=44PAG1wqpy8 .
[iv] Per comprendere appieno questa affermazione però, non è sufficiente analizzare i testi tradizionali, ma avvicinarsi con occhi nuovi anche alla religione orfica, la religione monoteista iniziata da da Orfeo, che andava alla ricerca del principio primo (a breve pubblicheremo un libro intitolato «La cosmogonia orfica – Il filo rosso che passando per il neoplatonismo, collega Pitagora con la psicologia archetipica.»

Introduzione ad Ares

Di Ares, chiamato Marte dai romani, essendo un mito molto popolare, si è già scritto e detto di tutto e di più.

Solitamente gli vengono attribuiti alcuni stereotipi, come quello di essere il dio della guerra, dell’ira, della prepotenza, dell’impulsività, dell’impazienza e dei modi duri e sbrigativi, tutte cose che il lettore vedrà confermate durante la nostra rilettura ma noi, non ci accontenteremo di queste semplici attribuzioni e cercheremo di andare oltre.

Infatti, se partiamo da un punto di vista etimologico, Ares deriverebbe, secondo il vocabolario greco antico francese Bailly dal verbo αἴρω – airo.

Airo è il verbo che usiamo durante le nostre conferenze al fine di mostrare al pubblico la ricchezza lessicale della lingua greca. Ed infatti dall’analisi comparata ed incrociata con diversi vocabolari, abbiamo scovato un’ottantina di significati diversi.

Tra questi ne abbiamo notati alcuni che sembrano essere fatti apposta per il cosiddetto dio della guerra.

Ed infatti, airo può essere tradotto con: «essere esaltato», «distruggere», prendere per sé», «sopraffare», opprimere», «eliminare», distruggere» ma anche «uccidere».

Se ci limitassimo a questi significati, avremmo una prima ma parziale conferma che anche nel mondo greco, come in quello romano, valeva il detto “nomen omen”.

Da un punto di vista psicologico, questi verbi sembrano essere il risultato di un particolare tipo di pulsione.

Stiamo parlando dell’aggressività

Aggressività

L’aggressività che é un’energia archetipica, rappresenta un modello di comportamento riferito non solo agli aspetti legati all’impulsività e quindi non sempre gradevoli agli occhi altrui, come quando comporta, nella sua versione più degradata, alla pre-potenza ed al desiderio di sopraffazione, ma anche a quelli più evoluti che vengono solitamente rappresentati per esempio, da un’idea che diventa un impulso all’azione e che assai bene è rappresentato dal modo di dire “detto-fatto”.
Diversamente dall’impulso ad agire impersonato dalla figura di Afrodite che abbiamo incontrato negli articoli precedenti ( La mito-logia greca e gli archetipi: Afrodite, La mitologia greca e gli archetipi: Afrodite parte terza, La mitologia greca e gli archetipi: Afrodite parte quarta ), dove l’azione prosegue in direzione di qualunque cosa ci permetta di ottenere un piacere, qui parliamo di un’energia interiore che spinge ad agire a prescindere da quale sia l’obiettivo e dall’eventuale piacere che si prova una volta che esso venga viene raggiunto.
È una sorta di scintilla che “incendia” ed esorta all’azione.
È un “qui ed ora”, senza mediazione.
Il verbo αἴρω – airo, assumendo tra l’altro, il significato di «essere agitato», «farsi prendere dal potere di qualcuno», ma anche «procacciarsi», ci suggerisce l’immagine di un archetipo che rende impaziente chi “ne è posseduto” rendendo quindi l’azione impulsi-va, sbrigativa. In taluni casi essenziale e diretta (pensiamo alla frase attribuita al condottiero Giulio Cesare «Veni, vidi, vici»).
Ma se aggiungiamo a ciò il fatto che secondo il vocabolario Montanari, αἴρω sarebbe il contratto di αἱρέω – aireo, le sfaccettature incarnate da questo archetipo accrescono.
Aireo significherebbe «prendere», «afferrare», «impadronirsi», «ridurre in proprio potere», «fare prigioniero», «prendere cac-ciando», «espugnare», «cogliere», «sorprendere», «occupare», «levare di mezzo», «uccidere».
Da questa analisi emerge che Ares non sia soltanto il dio della guerra, ma più precisamente incarni l’archetipo di chi si impadronisce di qualcosa, di chi fa prigionieri, di chi uccide, qualità tipiche di chi combatte con brutalità (ed anche senza regole).
Ma non cadiamo nell’errore di ritenere che questi archetipi non ci riguardino solo perché di mestiere non operiamo tra le forze arma-te.
Essi sono gli stessi che agiscono, ovviamente in maniera sublimata sul mondo del lavoro.
Stiamo pensando per esempio a quando gli uffici marketing, producono analisi in cui parlano di “impadronirsi di quote di mercato”, oppure di “conquistare nuovi mercati”, di “aggredire il mercato”, di “sconfiggere un concorrente”, di “cogliere di sorpresa i competitors”.
L’energia archetipica è la stessa, ma sul lavoro agisce in maniera diversa e con forme socialmente accettabili. (torneremo su questo tema quando parleremo di Efesto).
Ma non ci sono solamente significati o aspetti negativi.
Tra i significati di aireo, infatti ve ne è uno interessante e che è «intraprendere ciò che è proprio», che ci dice che essa essendo una spinta all’azione non mediata, bensì diretta, ci spinge ad intraprendere azioni coerenti con il nostro sentire interiore, in accordo con le nostre “pulsioni”.
Ma anche a portare a termine un lavoro faticoso per ottenere qualcosa che è stata tanto agognata.
Tema che abbiamo affrontato nel saggio intitolato «il significato archetipico dell’ariete dal vello d’oro» che si trovano raccolti qui e pubblicati a dicembre 2023 sempre per Progetto Montecristo.
Ricordiamo che tra le accezioni positive dell’archetipo legato all’aggressività dato che aireo significa anche «persuadere», «con-vincere», «convertire», implica che essa non necessariamente si manifesta violentemente, ma con le parole, il ragionamento, con la “pervicace ostinazione” che ci porta a convincere i nostri cari o, a lavoro, i nostri colleghi della ragione delle nostre argomentazioni.
Con l’aiuto dei mithoi, riporteremo l’archetipo dell’aggressività nel suo alveo originario e ne esploreremo sia le cause che le sue va-rianti, con lo scopo di andare alla ricerca di quali sono quelle istanze psichiche che la caratterizzano ma che ci aiuteranno a com-prendere meglio noi stessi e le dinamiche interpersonali a casa e sul lavoro.

Hera la madre di Tifone, Ares ed Efesto

 

Hera_Campana_Louvre_Ma2283 Era proveniente dalla Campania, copia di originale ellenistico 2° sec. a. C. Louvre, Parigi

 

Quando pensiamo di analizzare un personaggio storico, solitamente si parte dalla sua biografia, ovvero ci si domanda dov’è è nato, di chi è figlio e poi si va in cerca degli eventi salienti che ne hanno caratterizzato la vita.

Per risalire agli archetipi che caratterizzano una divinità antica, si procede in maniera simile. Si comincia dall’analisi etimologica del nome e poi si passa al setaccio la sua storia personale.

Cominciamo allora dai genitori dei tre protagonisti di questa analisi, Tifone, Efesto ed Ares che furono Zeus (Giove per la mitologia romana) ed Hera (detta Giunone).

Vista l’importanza del ruolo che madre ricopre nel rapporto e nella crescita dei figli, soprattutto se maschi, ci concentreremo prevalentemente sulla figura di Hera.[vi]

Hera – Ἥρα che etimologicamente deriva, similmente al figlio Ares, da αἴρω – airo, oltre ad evocare le immagini che abbiamo già incontrato quando abbiamo parlato di Ares, significando anche «esaltare», «esagerare», «amplificare», «appropriarsi», «insuperbire», mette in evidenza doti caratteriali che ben si addicono alla moglie di Zeus.

Ricordiamo che mentre la dea romana Giunone era la protettrice della famiglia, per gli antichi greci era nota per essere donna irosa e dal carattere alquanto instabile [vii].

Questi indizi ci lasciano intendere su quali basi sia nato il rapporto tra i due dei principali dell’olimpo.

A parte qualche racconto romantico riguardanti uno Zeus trasformato in usignolo che cerca tenero conforto nel grembo della giovane dea, secondo il resoconto di Omero invece, sembra che sia stata Hera stessa a voler sedurre Zeus indossando il cosiddetto “kestos himas” (κεστός ἱμάς) un mitico accessorio di abbigliamento che era appartenuto ad Afrodite.

Questa cinta, cui scopo era quello di sedurre o trarre a sé un uomo, era uno strumento magico per “far cadere ai propri piedi” l’uomo desiderato.

È naturale a questo punto ipotizzare che un rapporto di coppia nato con questi presupposti non era predestinato ad essere felice ed infatti, il comportamento da “don Giovanni” per il quale Zeus si é particolarmente contraddistinto potrebbe essere, solo in parte, ovviamente non la causa principale, dovuto al fatto dall’essersi sentito costretto ad un rapporto creato con l’inganno.

Ricordiamo che se è vero che κεστός ἱμάς, significa letteralmente «cintura che eccita», a causa della polisemicità del greco antico, si potrebbe tradurre anche con la «cintura che ferisce» o la «cintura che uccide», quasi a voler indicare che l’incantesimo causato dall’accessorio di abbigliamento indossato dalla dea per sedurre il re degli dei, alludesse ad un rapporto soffocante, oppressivo e che porta alla “morte psicologica” della vittima.

Forse è per questo che secondo alcuni racconti i due non hanno avuto figli l’uno dall’altro.

Zeus per esempio, ad eccezione di Atena partorita dalla propria testa, ha avuto figlie da altre donne, mentre Era, sembra li abbia avuti tutti e tre da sola, ovvero lo ha concepiti senza unirsi al marito e per di più in presa all’ira.

La Giunone dei romani invece, era una divinità più composta nei comportamenti e, malgrado le “malefatte” del marito era legata alla famiglia.

Ma un tratto psicologico riguardante dea antropomorfa, si rinviene nel resoconto che ne fa Pausania, secondo cui viene narrato che periodicamente ella sentiva il bisogno di allontanarsi dal proprio uomo.

Durante questi viaggi si addentrava nell’oscurità, dai quali ritornava dopo essersi bagnata nella fonte del fiume Kanathos.

A cinquanta stadi, suppongo, da Temenium si trova Nauplia, che attualmente è disabitata; il suo fondatore fu Nauplio, ritenuto figlio di Poseidone e Amimone. Anche delle mura rimangono rovine e a Nauplia si trovano un santuario di Poseidone, porti e una sorgente chiamata Kanathos [Κάναθος -kanathos]. Qui, dicono gli Argivi, Hera ogni anno si bagna [λούω – loyo] e rinasce [γίγνομαι – ghognomai] giovane sposa [παρθένος – parthenos].

Pausania – Descrizione della Grecia 2.38.2

tratto da http://www.perseus.tufts.edu/hopper/text?doc=urn:cts:greekLit:tlg0525.tlg001.perseus-eng1:2.38.2

Facciamo notare che il verbo καναχέω – kanakeo, quasi assonnate con il nome del fiume Kanathos, richiamava immagini come “fare rumore», forse allusione alle sue scenate di gelosia, ma soprattutto «risuonare», quasi a farci comprendere che immergendosi in quelle acque la dea riacquistava l’equilibrio interiore.

Avremo modo di vedere in futuro che le acque di Poseidon, da un punto di vista archetipico non rappresentano le acque del mare di cui egli sarebbe il dio che ha poteri su di esso, ma che esse sono il simbolo delle emozioni più intense, quelle che creano grossi spaventi o emozioni molto intense.

Fuor di metafora, gli antichi ci stavano dicendo che la dea si riappacificava con sé stessa, quando ascoltava (faceva risuonare in sé) il proprio travagliato, dal punto di vista emotivo mondo interiore (il mare)

Nella seconda parte, qui, introdurremo due dei suoi figli più famosi.

Tifone ed Efesto.


[vi] Con l’avanzare dei nostri studi e delle nostre ricerche, procede la preparazione di un libro che analizza in profondità gli dei e gli archetipi ad essi associati in tutte le loro sfumature, tenendo conto delle correlazioni che intercorrono tra ciascuno di essi.
[vii] Ricordiamo che l’altro verbo che è omofonico al nome della dea, ovvero airo, esso significa anche «essere agitato»


Bibliografia:

    • Karoly Kerenyi – Gli dei e gli eroi della Grecia (1951, 1958, 1997 ed italiana Saggiatore 2015)
    • Jean-Pierre Vernant – Mito e religione in Grecia antica 2009
    • David Miller – James Hillman Il Nuovo Politeismo – La rinascita degli dei e delle dee (prefazione di Henry Corbin) 2016
    • James Hillman – Articolo di presentazione della Psicologia Archetipica scritto da James Hillman sul sito Treccani: http://
      treccani.it/enciclopedia/psicologia-archetipica_%28Enciclopedia-del-Novecento%29/
    • James Hillman – Re-visione della psicologia Edizione Adelphi 1983
    • Il sito www.theoi.com la più ricca libreria digitale di libri e testi riguardanti la mitologia greca raccolta dalla biblioteca dell’università (https://www.theoi.com/Olympios/Ares.html)
      di Oackland e, adoperata da Nasa, e dalle università dell’MIT, Stanford, Harvard e Yale.
    • Friedrich Creuzer – Simbolica e mitologia , ediz. gennaio 2004 Editori Riuniti – Roma (Titolo originale: Symbolik und Mythologie der alten Volker  – 1812)
    • Tonino Griffero citato in bibliografia ed intitolato “Prendere il mito “alla lettera”. Schelling filosofo della mitologia “
    • Jean Sinoda Bolen : gli dei dentro l’uomo (1994 Casa editrice Astrolabio)
    • Jean Sinoda Bolen : gli dei dentro la donna (1991 Casa editrice Astrolabio)
    • Dizionario di mitologia classica – Garzanti Francesco Perri 1970
    • Pausania – Descrizione della Grecia 2.38.2 – da https://www.perseus.tufts.edu/hopper/

Vocabolari consultati

    • Dizionario della Lingua Greca di Franco Montanari – Loescher editore, II edizione 2004
    • Dizionario etimologico Chantraine-Dictionnaire ètymologique de la langue grecque. Histoire de mots, Ed Klincksieck 1977
    • dizionario etimologico mitologia greca (www.demgol.inits.it)
    • Dizionario Olivetti Latino italiano on line https://www.dizionario-latino.com
    • Liddell, Scott, Jones’ – A Greek–English-German-French Lexicon – https://lsj.gr/wiki/Main_Page

Autore: Massimo Biecher

Autore

  • Biecher Massimo

    Cultore della mitologia greca, pubblica saggi che, rileggendo le storie mitologiche dell’antica Grecia attraverso le lenti della psicologia archetipica di James Hillman, mettono in evidenza i riferimenti simbolici al modo della psiche. Autore del libro a breve in uscita, dal titolo «La cosmogonia orfica - il filo rosso che passando per il neoplatonismo, collega Pitagora con la psicologia archetipica» Due dei suoi saggi sono stati pubblicati all’interno dei seguenti libri, • «Il seme della gioia» - Biblios edizioni 2021 • «Analisi del mito di Orfeo ed Euridice» - all’interno del libro del dott. Daniele Lo Rito e dott.ssa Marianna Velotto - 2023 Tiene ogni anno diverse conferenze allo scopo di condividere i risultati delle sue ricerche: Conferenze: 03/03/2022 «La paura all’interno della mitologia greca» - per l’associazione culturale Virtute e Canoscenza 29/03/2022 «Pitagora e la musica: la scienza al servizio dell’arte, la ragione amica delle emozioni” - Presso gli “Amici del Loggione del Teatro alla Scala” 17/12/2022 «La Cosmogonia Orfica e l’uovo cosmico» - presso l’associazione “Arpa magica” a Milano 26/01/2023 «L’uovo cosmico all’interno della Pala di Brera di Piero della Francesca: anello di congiunzione tra la mitologia dell’antica Grecia ed il Rinascimento fiorentino» presso il Rotary Club Se.De.Ca 09/05/2023 «Quale ruolo rivestiva la botanica all’interno dei racconti della mitologia greca, (se indossiamo le lenti della psicologia archetipica?) » - Presso il Museo di Storia Naturale a Milano ospite del Gruppo Botanico Milanese 22/06/2023 « Qual’è il “Nesso” tra Pitagora la Musica ed il mondo delle emozioni ? » - Circolo Filologico Milanese 15/09/2023 «Introduzione alla mitobiografia ed significato discesa nell’Ade di Orfeo» - Spazio Aurea Milano 21/09/2023 «Il mito di Orfeo ed Euridice riletto attraverso le lenti della psicologia archetipica » - Spazio Aurea Milano 12/11/2023 «La cosmogonia orfica - il filo rosso che passando per il neoplatonismo, collega Pitagora con la psicologia archetipica » - Spazio Alda Merini per Filosofia sui Navigli. 11/03/2024 Per la rivista culturale Progetto Montecristo il webinar dal titolo: « Come veniva rappresentata la paura all’interno dei racconti della mitologia greca? Quali erano i personaggi che erano chiamati ad incarnare le doti caratteriali per affrontarle ? » Massimo Biecher è dicembre 2023 vicedirettore della rivista Progetto Montecristo.

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2 Commenti

  1. Articolo interessante, che fornisce sfumature inconsuete ai miti che conosciamo, o crediamo di conoscere. Interessante il parallelo tra Hera e Ares. Insomma, tale madre, tale figlio. Anche oggi una madre irosa, nevrotica e infelice ha un’influenza negativa sui propri figli, stimolando la loro aggressività e minando la loro capacità di interagire con i coetanei. Forse i miti greci ci aiutano a capire meglio noi stessi, perchè sono lo specchio di tutti i nostri pregi e difetti. La costante è che l’essere umano, ahimè, non cambia, nel bene e nel male.

  2. Cara Marisa,
    innanzitutto grazie per aver letto l’articolo e di averlo apprezzato, ma soprattutto per il tuo commento che lo arricchisce con riflessioni che condivido pienamente.

    Amara la tua constatazione finale che però mi sento di “smussare”, nel senso che forse è dovuto al fatto che questi archetipi, che secondo il modello di Platone agirebbero dentro di noi, lo fanno in base alla consapevolezza di sé singolarmente raggiunta.

    Hillman affermava che gli archetipi causano nevrosi e psicosi e quindi manifestano il loro lato oscuro, fintantoché restano nell’inconscio, mentre quando vengono a galla e si integrano con la nostra personalità, conducono alla nostra realizzazione. 
Ma sempre gli antichi, ci informano che gli archetipi si manifestano fenomenicamente con modalità che vengono condizionati dalle circostanze esterne.

    Nella seconda parte infatti, presenteremo uno dei fratelli di Ares, Efesto, che “reagisce” a questi impulsi in maniera diversa forse a conferma che, sebbene gli archetipi costituiscano una sorta di imprinting interiore, mi riferisco alla teoria della ghianda di Hillmann, se si creano circostanze esterne favorevoli, influiscono sul nostro destino in direzione del raggiungimento di una maggior consapevolezza.

    Consapevolezza, la quale a sua volta, consisterebbe nell’integrare quei lati cosiddeti oscuri, non tanto perché sgradevoli o sinistri, ma che si rivelano tali, sia perché ancora sconosciuti ( al buio), ma soprattutto perché una volta portati a galla, e quindi quando emergono alla luce (Jung direbbe che il Sé coincide on l’Io) vengono messi a frutto agevolando la nostra evoluzione, invece di opporvisi.
    Forse le antiche favole che parlavano di fantasiose ricerche del tesoro, alludevano allegoricamente proprio a questo.
    Grazie ancora
    Massimo Biecher

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