In occasione della prossima pubblicazione del libro intitolato «La cosmogonia orfica: il filo rosso che passando attraverso il neoplatonismo, collega Pitagora con la psicologia archetipica.», anticipiamo su Progetto Montecristo, la metodologia da noi adottata per l’allegoresi [1] dei testi orfici.
In questa seconda parte iniziamo a presentare la metodologia adottata presentando quali sono i filosofi ai quali ci ispiriamo
3 Presupposti teorici a fondamento della metodologia adoperata per la nostra analisi
3.1 Filosofi e pensatori di riferimento
Come Jung ebbe a dire ripetutamente, i due modi principali per acquisire una conoscenza dell’inconscio collettivo sono rispettivamente lo studio dei casi clinici individuali e lo studio dei miti, cioè la psiche personale e la psiche come anima del mondo i cui modelli sono rappresentati nei miti (il platonismo non ha mal fatto una netta distinzione tra la vostra e la mia anima personale e l’anima in generale, proprio come la psicologia archetipica non può fare una distinzione netta tra inconscio personale e collettivo, dal momento che dentro ogni complesso della psiche personale c’è una potenza archetipica). In questo senso mitologia o psicologia e l’analisi del mito a la Creuzer è veramente un’analisi delle forme archetipiche del comportamento psicologico.
Saggio di Gerhard Adler – Aspetti della personalità e dell’opera di Jung, 1973 Tratto dal sito https://rivistapsicologianalitica.it

Platone
Il metodo da noi adottato per la rilettura dei miti, prende prima di tutto in considerazione il pensiero filosofico di Platone e dei cosiddetti neoplatonici, con un’attenzione particolare rivolta a Plotino.
Inoltre ed in particolare in riferimento al lavoro svolto per la preparazione di questo libro, non abbiamo potuto trascendere la figura di Pitagora, il quale secondo diversi studiosi [2] avrebbe influenzato in maniera significativa, sia il pensiero dei succitati pensatori e di coloro che ad essi si sono ispirati.
Per quanto riguarda periodi storici più vicini a noi, ci siamo rivolti, oltre a studiosi ed umanisti come Marsilio Ficino e Giambattista Vico, anche J.P. Vernant, D. Miller, H. Corbin, E. Casey e la psicoanalista e best seller americana Shinoda Bolen.
[1] Per allegoresi si intende «un’esegesi di miti (o oggetti) considerati sacri o notevoli, idonei ad essere condotta in maniera sistematica ad una interpretazione razionale».
Per ulteriori approfondimenti invitiamo il lettore a leggere quella che probabilmente è l’analisi più approfondita ed esaustiva riguardo a queste tematiche che viene affrontata dal prof. Roberto Radice all’interno del libro intitolato «I nomi che parlano – L’allegoria filosofica dalle origini al II secolo d.c.» – Morcelliana 2020. Ricordiamo inoltre, che il termine allegoresi è un neologismo coniato dal Radice che sta per «esegesi di miti (o oggetti) considerati sacri o notevoli, idonei ad essere condotta in maniera sistematica ad una interpretazione razionale» – cit. p.10
[2] Anticipiamo che, come vedremo al 3.2 di questo capitolo introduttivo, secondo lo studioso inglese Thomas Taylor, Pitagora a sua volta fu profondamente influenzato dall’orfismo. All’interno di questo contesto ci limitiamo ad anticipare che si trattava di una antica forma di religione, della quale purtroppo disponiamo di poche ed indirette testimonianze. In questo studio in particolare, ci siamo rifatti alle sintesi che ci vengono riportate da Damascio in “Aporie e soluzioni sui princìpi primi» e che costituiscono a loro volta la materia prima grezza sulla quale abbiamo elaborato i ragionamenti e le deduzioni che nei prossimi capitoli presenteremo.
3.2 Nessun racconto va preso alla lettera
La cosa da abolire è il letteralismo; … l’adorazione delle immagini false; .. l’idolatria; La verità è sempre in forma poetica, non letterale ma simbolica; si nasconde o è velata, luce nell’oscurità .. L’alternativa al letteralismo è il mistero..
Norman O. Brown – Negations p.244
Lo scopo delle nostre indagini, ricordiamo, non è tanto quello di reinterpretare i racconti mitologici in forma attuale in modo che essi siano fruibili da un pubblico contemporaneo, ma di scoprire e comprendere quello che si nasconde al di là delle apparenze di testi che dalla maggior parte delle persone sono considerati storie, che proprio perché pittoresche, incoerenti e con tratti favolistici, sono degne di appartenere ad una religione politeista ormai sorpassata dalla storia.
Partendo infatti dall’assunto secondo cui questi racconti sono popolati di significati simbolici e di riferimenti ”a qualcos’altro” e ritenendo come Saint Exupery, che «l’essenziale è invisibile agli occhi», ogni racconto non viene da noi preso alla lettera, ma rigorosamente letto “in trasparenza”.
Cosa significa rilettura in trasparenza?
Il fatto che questi racconti contengano incongruenze, siano ricchi di particolari stravaganti e di figure immaginarie, ci riferiamo in particolare a draghi, alla chimera, a cavalli dalla testa di uomo o mostri a nove teste come l’Idra di Lerna e così via, ci inducono a pensare che si tratta di racconti fantastici che sembrano provenire da una cultura immatura e legata a tradizioni culturalmente arretrate e che invece, a nostro avvisto, nascondono sottotraccia, assieme alle ambiguità introdotte dalla polisemia intrinseca del greco antico e dalle intenzioni degli autori, preziosissimi tesori che fanno riferimento al mondo della psiche.
In pratica il nostro approccio consiste nel rileggere o reinterpretare questi racconti, partendo dal presupposto, confermato dalla pratica operativa, che tra le pieghe dei racconti vi siano dei simboli che vanno interpretati.
Simboli che contengono riferimenti al piano prediletto dalla nostra chiave di lettura.
Ovvero a quello della psiche.
Ma come accedere ai livelli sottostanti?
Mediante quella che si potrebbe definire “allegoresi [3] psicologica”, ovvero un metodo di indagine che cerca nei racconti mitologici, che erano pur sempre racconti religiosi, riferimenti al mondo dell’anima.
Non stiamo risuscitando una fede morta, perché a noi non interessa la fede o la vita o la morte di dio. Psicologicamente, gli dei non sono mai morti; e ciò che interessa alla psicologia archetipica non è la rinascita della religione, ma la sopravvivenza dell’anima. […] Perché è possibile immagine in uno stile ed adorare in un’altro.
J.Hillman – Re-visione della psicologia p 304
[3] Per allegoresi si intende « un’esegesi di miti (o oggetti) considerati sacri o notevoli, idonei ad essere condotta in maniera sistematica ad una interpretazione razionale».
Per ulteriori approfondimenti invitiamo il lettore a leggere quella che probabilmente è l’analisi più approfondita ed esaustiva riguardo a queste tematiche che viene affrontata dal prof. Roberto Radice all’interno del libro intitolato « I nomi che parlano – L’allegoria filosofica dalle origini al II secolo d.c. » – Morcelliana 2020. Ricordiamo inoltre, che il termine allegoresi è un neologismo coniato dal Radice che sta per «esegesi di miti (o oggetti) considerati sacri o notevoli, idonei ad essere condotta in maniera sistematica ad una interpretazione razionale» – cit. p.10
3.3 Anima/psyché: Entità spirituale o contenitore (luogo) di emozioni e sentimenti?

La Capella dei Magi – Benozzo Gozzoli con rappresentazione partecipanti al concilio di Ferrara Firenze
Il termine «psicologia» sembrerebbe essere stato coniato, secondo alcuni, dall’umanista e teologo tedesco rinascimentale Philipp Melanchton (1497 – 1560), “per indicare l’insieme delle conoscenze psicologiche, filosofiche, religiose, pedagogiche e letterarie di un essere umano.”[4]
Inizialmente quindi aveva un significato vago ed includeva anche riferimenti teologici.
L’anima era intesa come una emanazione del Creatore.
Il concetto di psiche che si trova nascosto tra le pieghe dei racconti mitologici, va fatto risalire al concilio di Ferrara Firenze del 1438-1439, durante il quale si erano incontrati la chiesa bizantina e quella romana per discutere della riunione tra le due chiese dopo lo scisma del 1054.
In occasione dei cenacoli che si tennero a latere degli incontri conciliari, studiosi provenienti da Costantinopoli, mostrarono ad intellettuali e clerici d’occidente, quale ricchezza di riferimenti al mondo delle emozioni e dei sentimenti vi erano contenuti all’interno dei testi classici.
All’interno di questo contesto, per dirla alla Hillman, come dobbiamo ”immaginare” .l’anima/psiche?
L’anima, da come si evince anche dal saggio di Tullio Gregory intitolato “L’anima del mondo e l’anima individuale” [5] è un concetto che apparteneva al mondo del trascendente, tanto che la cosiddetta Anima Mundi (la πᾶς ψυχή – pâs psyché di cui parlava Plotino), veniva identificata, seppur in maniera non unanime, con lo Spirito Santo.
Lo stesso vocabolario Merriam-Webster definisce psyché come, «l’essenza immateriale, princìpio animatore, o causa attuatrice di una vita individuale» o «il princìpio spirituale incarnato negli esseri umani, tutti gli esseri razionali e spirituali, o nell’universo».
Più recentemente, gli studiosi che si sono formati sulla scia del fisiologo e che viene ritenuto il fondatore della moderna psicologia, Wilhelm Wundt (1832 – 1920), la psiche (individuale) è considerata come la personificazione dell’inconscio ed in particolare, nel caso dello psicoanalista svizzero Carl Jung, essa assume la forma di una sorta di aggregato [6] al quale si possono addurre l’insieme di tutti i processi psichici.
(48) ANIMA. [Psiche, personalità, persona, anima.] Sono stato costretto, nelle mie indagini sulla struttura dell’inconscio, a fare una distinzione concettuale tra anima e psiche.
Per psiche intendo la totalità di tutti i processi psichici, sia consci che inconsci.
Per anima, invece, intendo un complesso funzionale chiaramente delimitato che può essere meglio descritto come una “personalità”.
C.Jung – Collected Works pg. 797 (p 463)
All’interno di questo lavoro, invece, “psiche” ed “anima”, verranno adoperati come sinonimi intercambiabili, tranne che in determinati casi, alternandoli talvolta con l’uso della perifrasi “mondo dei sentimenti ed emozioni”.
Quando invece, affronteremo l’Anima nel senso di Archetipo junghiano, marcheremo la sua differenza dall’anima inteso come concetto generale, anteponendo ad esso una A maiuscola.[7]
[4] https://www.guidapsicologi.it/articoli/un-po-di-storia-della-psicologia
La traduzione con idea, in particolare, sarebbe una forzatura avvenuta in tempi più recenti che rischia, senza le dovute cautele e le adeguate premesse, di fuorviare dal significato inteso da Platone e dai neoplatonici.
[5] L’anima del mondo e l’anima individuale di Tullio Gregory in “Anima mundi”. La filosofia di Guglielmo di Conches e la Scuola di Chartres, Firenze, Sansoni, 1955, («Pubblicazioni dell’Istituto di filosofia dell’Università di Roma», 3), 294 pp. tratto da https://www.iliesi.cnr.it/materiali/Gregory_AnimaMundi1955.pdf
[6] Vedremo nel prosieguo del nostro lavoro, come l’orfismo attribuiva alla psyché addirittura una determinata forma.
[7] Il saggio inserito in appendice n° 1 ed intitolato: «Il mito di Orfeo ed Euridice riletto attraverso le lenti della psicologia archetipica»
Leggi:
Modello teorico a supporto della rilettura in trasparenza dei miti dell’antica dell’antica Grecia e dei testi orfici – parte 1
Modello teorico a supporto della rilettura in trasparenza dei miti dell’antica dell’antica Grecia e dei testi orfici – parte 3
Autore: Massimo Biecher
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