Recensione critica:
La nascita della meccanica quantistica nel 1900, segnata dall’articolo di Max Planck, ha avviato un secolo di profonda trasformazione nella nostra comprensione della natura fondamentale dell’universo. Questa rivoluzione, iniziata nel contesto dell’epoca moderna con le fondamenta gettate da Galileo nel 1600, ha sconvolto le aspettative della comunità scientifica del Novecento. Ciò che emersero furono le regole peculiari e controintuitive che governano il comportamento dei costituenti ultimi della materia, gli atomi e le particelle. La natura stessa di queste entità quantistiche sfida le nostre intuizioni classiche: non seguono le leggi familiari della fisica macroscopica. Esse esistono in uno stato di sovrapposizione, una sorta di nuvola indeterminata di possibilità, e si materializzano in forme definite solo nel momento della misura. È come se solo quando osserviamo, queste entità scelgano di manifestarsi in una delle tante facce possibili, in un atto noto come “collasso” dello stato quantistico. Questa natura straordinaria e enigmatica della meccanica quantistica continua a sfidare e a stimolare la nostra immaginazione in un dibatto scientifico e filosofico ancora aperto.
Prima del cosiddetto processo di misura, ci troviamo di fronte a una delle domande più profonde e dibattute della fisica quantistica: esiste una realtà definita o c’è solo una vaga nuvola di possibilità? E se una possibile configurazione si manifesta, cosa accade a tutte le altre? Lo stato quantistico, che in precedenza seguiva un’evoluzione continua e pacifica descritta dalla teoria di Schrödinger, subisce un repentino cambiamento durante la misura: le sue proprietà si riducono improvvisamente. Cosa provoca questo salto incredibile e come fisicamente ha luogo? Questi interrogativi suscitano riflessioni profonde, mettendo in discussione le nostre concezioni più basilari sulla natura dell’esistenza.
Negli anni Trenta, queste profonde questioni filosofiche hanno incontrato una risposta apparentemente risolutiva nell’interpretazione probabilistica o di Copenaghen (sostenuta da fisici come Born e Heisenberg), che ha proposto una visione minimalista della realtà quantistica. Tuttavia, nonostante questa interpretazione abbia fornito un quadro utile per la comprensione dei risultati sperimentali, molte domande fondamentali restano ancora aperte, mantenendo viva la discussione e stimolando la ricerca in questo affascinante campo della scienza. L’interpretazione probabilistica della meccanica quantistica è una delle interpretazioni fondamentali di questa teoria fisica. Essa suggerisce che il comportamento dei sistemi quantistici è intrinsecamente probabilistico, cioè non determinato in modo definitivo ma piuttosto descritto da una distribuzione di probabilità legata al concetto di “funzione d’onda”. Secondo questa interpretazione, l’atto di misurare rivela una delle possibili condizioni determinate dalle funzioni d’onda o dagli stati quantistici del sistema. Quindi, mentre la meccanica quantistica fornisce previsioni probabilistiche precise per i risultati delle misure, non fornisce informazioni complete sul comportamento deterministico dei singoli sistemi quantistici. Questa interpretazione della meccanica quantistica è stata stata efficace nel tranquillizzare parecchi fisici e nel fornire una base per l’ingegnerizzazione dei dispositivi quantistici su cui si basano molte delle tecnologie moderne, di cui sono pieni anche i nostri cellulari. Tuttavia, diversi ricercatori si sono spinti a esplorare approcci più radicali, alla ricerca di descrizioni che possano svelare strati più profondi della realtà fisica.
Tra le molte interpretazioni proposte, una delle più suggestive è la cosiddetta “interpretazione a molti mondi”, originariamente avanzata da Hugh Everett, uno studente brillante della Princeton University negli anni Cinquanta del Novecento. Tuttavia, la sua audace proposta lo mise in conflitto con le correnti dominanti del tempo, rischiando di compromettere la sua carriera accademica. Everett, dopo aver abbandonato il mondo accademico, visse il resto della sua vita come impiegato, mentre la sua interpretazione continuava a guadagnare interesse e attenzione tra i fisici teorici. L’interpretazione a molti mondi è una delle interpretazioni della meccanica quantistica che propone una visione radicale e particolarmente intrigante dell’universo quantistico. Essa suggerisce che l’universo si divide costantemente in una vasta moltitudine di “mondi” o “rami”, ogni volta che si verifica un evento quantistico che presenta più possibili esiti. Secondo questa interpretazione, quando un sistema quantistico è in uno stato sovrapposto (cioè in più stati simultaneamente, come previsto dalla funzione d’onda), invece di uno stato che collassa in uno solo come nell’interpretazione di Copenhagen, l’intero universo si divide in tante realtà parallele, ognuna delle quali rappresenta uno dei possibili risultati della misura. In pratica, ciò significa che tutte le possibilità previste dalla meccanica quantistica si realizzano effettivamente in mondi separati. Ad esempio, se si esegue una misura di spin di un elettrone, secondo l’interpretazione a molti mondi ci saranno mondi paralleli in cui l’elettrone ha uno spin verso l’alto e mondi in cui ha uno spin verso il basso.
Nel suo libro “Qualcosa di nascosto a fondo”, il rinomato fisico teorico statunitense Sean Carroll, famoso anche per le sue straordinarie doti di divulgatore scientifico, sostiene che l’interpretazione di Everett della meccanica quantistica, sebbene possa sembrare assurda e paradossale a prima vista, in realtà sia la più semplice e priva dei problemi scientifici e filosofici riscontrati nelle altre interpretazioni. Carroll sottolinea che l’interpretazione di Everett non implica che ogni nostra decisione, come la scelta tra un hamburger e il sushi perl cena, divida l’universo in due realtà separate, in cui sperimentiamo entrambe le opzioni. Questo perché il processo decisionale coinvolge la nostra mente, un sistema macroscopico in cui non si applica il principio di sovrapposizione quantistica. Tuttavia, se considerassimo la nostra scelta di cena come un vero e proprio esperimento quantistico, come la misurazione dello spin di una particella che può risultare in due possibili esiti come il lancio di una moneta, allora potremmo effettivamente sperimentare entrambe le opzioni contemporaneamente. In questo caso, una versione di noi mangerebbe hamburger e l’altra sushi, e l’ansia per il dilemma della cena scomparirebbe. Ma se questo fosse vero, ci chiediamo, perché non ne siamo consapevoli e percepiamo sempre e solo un’unica esperienza? Carroll ci invita a riflettere su questo punto: secondo lui, ogni linea di coscienza segue un percorso separato, e da ciascuna prospettiva causale, sembrerà sempre che la scelta sia stata unica. In altre parole, la nostra percezione di un’unica realtà è una conseguenza della nostra esperienza individuale, nonostante le molteplici possibilità che potrebbero sorgere dalla meccanica quantistica. Del resto non poteva essere diversamente!
Nella parte conclusiva del libro, Carroll delinea idee ancora più profonde, suggerendo che la realtà macroscopica non sia altro che un fenomeno emergente dall’interazione delle particelle elementari. Questa visione postula che le leggi e i comportamenti delle grandi aggregazioni di particelle siano sostanzialmente differenti da quelli delle singole unità. Ma Carroll va oltre, suggerendo che questa prospettiva potrebbe essere estesa anche allo spazio, al tempo e persino alla gravità, concetti che, secondo la fisica quantistica, non hanno una presenza intrinseca nell’universo fisico. Questa audace ipotesi offre una spiegazione affascinante e sorprendentemente semplice per fenomeni quantistici enigmatici, come l’entanglement. Einstein fu il primo a esplorare questo fenomeno, più per mettere alla prova la meccanica quantistica che per accettarla pienamente, ma le implicazioni dell’entanglement si sono rivelate fondamentali per comprendere aspetti nascosti della realtà. L’entanglement implica che due particelle, vincolate da una relazione quantistica, rimangano connesse anche se separate da distanze cosmiche. Il collasso dello stato di una particella in una delle sue possibili configurazioni determina istantaneamente il collasso dello stato dell’altra, anche se la scelta del risultato non è stata determinata in precedenza. Se lo spazio fosse una realtà emergente, come suggerisce Carroll, all’interno di un sistema quantistico isolato, l’entanglement di particelle a distanze enormi diventerebbe una conseguenza naturale, poiché lo spazio stesso non sarebbe una caratteristica intrinseca di quel sistema.
Complessivamente, “Qualcosa di nascosto a fondo” di Sean Carrol, edito nella edizione italiana da Euinaudi, è un libro che consiglio vivamente a chiunque sia interessato a esplorare i confini della fisica teorica e della filosofia della scienza. È un viaggio emozionante e illuminante, con un linguaggio semplice ma al contempo preciso, che offre una prospettiva nuova e appassionante sulla natura fondamentale dell’universo, che non dovremmo mai smettere di cercare.
Autore: Nicola Rossi
Who is the author of the book “Qualcosa di nascosto a fondo” and what is the background?
Regard Telkom University
The author of the book is Sean Carroll, an American theoretical physicist in the field of quantum mechanics, cosmology, and philosophy of science. The book is about Quantum Mechanics and its philosophical implications.
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