Recensione del libro di Claudia Pancino: «Cuore. Storia, metafore, immagini e palpiti»
Qual è la storia e il legame fra “l’organo pulsante che si trova nel torace degli esseri umani e la sfera dei sentimenti?”
“I buoni sentimenti stanno davvero nel cuore? Ma quali poi sono i sentimenti che hanno (o hanno avuto) quella sede?”
Organo dopo organo, mi accingo a leggere Cuore, il libro di Claudia Pancino, pubblicato da Fefè Editore. Il testo, curato dal filosofo Lucio Saviani per la collana “Oggetti del Desiderio,” testimonia la storia e le metafore dell’organo pulsante che batte, si contrae e si rilassa.
Sistole e diastole si alternano, collegandoci al ritmo primordiale della vita. Questo movimento incessante del cuore non solo scandisce il tempo biologico, ma diventa un simbolo universale, un tic tac, una metafora che risuona nelle profondità delle emozioni e nella cultura collettiva.
Nel testo della scrittrice, letteratura, arte, religione e medicina occupano uno spazio privilegiato, rivelando il linguaggio del cuore fin dall’antichità. Attraverso queste discipline, l’autrice esplora come il cuore sia stato rappresentato e compreso nel corso dei secoli, dall’oggetto di studio medico e anatomico a simbolo universale di emozioni, virtù e mistero.
“Per i Sumeri il cuore era l’organo della compassione, ma vulnerabile. Era invece il fegato, più ricco di sangue e più grande, a essere considerato sede dei sentimenti”.
La storia del cuore, animata dal capitolo del “Cuore mangiato,” rimanda al cannibalismo degli Aztechi e ai loro rituali, in cui al termine di una battaglia vinta smembravano il corpo del nemico e ne asportavano il cuore per mangiarlo, secondo il rito sacrificale.
Già Sigmund Freud e James Frazer avevano esplorato il significato profondo di questi rituali cannibalici, interpretandoli come tentativi arcaici di assimilare la forza e lo spirito del nemico sconfitto. Il cuore, dunque, non è solo organo vitale ma simbolo denso di potere, che attraversa miti e credenze per incarnare il legame tra vita, morte e rinascita.
Le storie di cuori mangiati si trovano poi nell’immaginario della letteratura. In particolare, scrive l’autrice, appaiono nella versione dei fratelli Grimm e in quella di Disney di Biancaneve, nella letteratura medievale dell’amor cortese, nella Vita Nova di Dante (“Beatrice mangia il cuore dell’amato”), nel Decameron di Boccaccio, nei racconti popolari, nella fiaba Il pappagallo di Calvino, nelle favole e persino nella canzone La ballata dell’amore cieco di De André.
Il cuore è anche una pietanza dell’arte culinaria, che da una parte richiama il sacrificio del bovino o del maiale e dall’altra si lega a intenzioni apotropaiche.
Tra le metafore del cuore, l’autrice ricorda il tic tac dell’orologio, che nella fantasia umana simboleggia il tempo che passa, inesorabile, e che ci ricorda la finitezza della vita. Questo battito regolare, come il ritmo del cuore, diventa un segno di connessione con il nostro destino, intrecciando biologia e simbolismo.
I capitoli si susseguono, destando via via sempre più l’interesse del lettore, che viene trasportato in un viaggio attraverso il simbolismo, il pensiero medico e le interpretazioni poetiche, religiose e artistiche del cuore. Ogni sezione approfondisce un aspetto diverso, dalle rappresentazioni artistiche alle riflessioni letterarie, dalle scoperte scientifiche ai racconti popolari.
Pagina dopo pagina, il cuore emerge come un simbolo multiforme e complesso, capace di evocare amore e odio, forza e vulnerabilità, paura e coraggio, realtà e mito, rendendo il viaggio della lettura una riflessione intensa sulla natura del cuore umano, letterario e anche virtuale ❤️, quest’ultimo inteso come simbolo d’amore e di connessione.
Testimonianze e documenti completano il libro. Commuovono le parole di altri autori che raccontano di cuori palpitanti, di cuori spezzati e di cuori da scoprire: dal cuore nella melagrana tenuta in mano dal Bambino nella Madonna di Botticelli, alla voce dei trapianti di Christiaan Barnard, fino al ‘Grande Cuore Morto di Papa Wojtyla”.
Grazie all’autrice Claudia Pancino, già docente di Storia Sociale all’Alma Mater Studiorum-Università di Bologna/Dipartimento di Storia Culture Civiltà. Ha dedicato ricerche alla storia sanitaria e alla storia delle donne. Tra le sue pubblicazioni: Il bambino e l’acqua sporca. Storia dell’assistenza al parto dalle mammane alle ostetriche (secoli xvi-xix) (Franco Angeli, 1984); Voglie materne. Storia di una credenza (clueb, 1996).
Autrice: Mapi Barraco
0 commenti