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Riflessioni: arte e società

da | 21 Mar, 24 | Arti

Arte e società coincidono o si intrecciano in vari modi. Per Arte intendiamo tutte le forme che comprendono anche la poesia, la letteratura, le arti visive: pittura, scultura, architettura, cinema. Senza escludere le arti quali l’artigianato e l’ingegnosità in genere, fino ad includere l’arte della Politica. L’arte è sempre atto creativo nell’epoca storica che la produce, per mezzo di chi sa operare “artisticamente” nei vari settori, con visibili effetti. La società, nelle condizioni storiche sviluppatesi fase dopo fase, crea determinati e determinanti effetti sui propri “figli” che ne fanno parte. Nascono artisti che vivono il proprio tempo adeguandosi ai costumi o contestando totalmente il proprio tempo, ma sempre per mezzo di atti creativi, apprezzati o criticati dai fruitori del tempo storico vissuto. Parleremo in questa testata giornalistica di Arte e Società, nelle varie espressioni e circostanze che caratterizzano e intersecano l’una e l’altra nelle sinergie che da esse stesse si generano, ma anche nelle eventuali conflittualità che evolvono, inesorabili, segnando il futuro che verrà. Iniziamo qui da alcune riflessioni che dovremmo evidenziare a noi stessi quando parliamo di Arte, partendo per esempio dalle arti visive.

Ammiriamo opere artistiche e rimaniamo assorti, a volte chiedendoci: cos’è l’Arte, chi è l’Artista? Se si ascoltano i molti cattedratici e tanti illustrissimi esperti, non si ricevono spesso spiegazioni gratificanti. La premessa da cui non dovremmo discostarci si dovrebbe ricollegare alle “Memorie” del Re Sole scritte per il Delfino di Francia, là dove si consiglia di non fidarsi troppo degli esperti e delle persone tanto eminenti. Qui, soprattutto nell’attuale contesto storico, non dimentichiamo quella convincente lettura.

Alcune volte, la mente e lo spirito umano potrebbero rivelare gioiosità nelle risposte o spiegazioni che chiunque potrebbe offrire a se stesso, senza l’ausilio dei terzi. E siamo già fin troppo condizionati automaticamente da tutto ciò che ci circonda, come schiacciati al suolo brutalmente da false verità.

Il mio parere, con l’umiltà di appassionato ricercatore d’emozioni estetiche, la definizione concettuale di artista inizierei a non limitarla, commettendo l’errore di confonderla, con un “modus vivendi” di un soggetto umano “inconsueto” o eccentricamente pseudo-originale. Invece, la identificherei con quella capacità di un essere sensibile che non può frenarsi quando scatta fulminea nella mente una forza

generante che illumina se stesso. Quel lampo trascinante implacabilmente verso l’attuazione materiale di ciò che sarà fecondo nel divenire opera d’arte, estasiante.

Che cos’è l’Arte? Soffermandomi dinanzi alle opere d’arte, mi accorgo che qualsiasi manifestazione di essa la considero “Arte vera” quando, volendola immaginare collocata in un qualsiasi tempo cronologico, sarebbe sempre apprezzabilmente compresa, perché fruibile in una realtà “atemporale”. Nell’opera d’arte (quindi prescindendo dalla sua collocazione storicistica) noto il “tratto” che già focalizzava una espressione grafico-emotiva di un percepire arcaico dell’era più remota. I graffiti preistorici testimoniano la facoltà creativa ben distinta , avveratasi per la causalità dell’attenzione di spirito genuino, quale potrebbe essere soltanto sgorgante dalla curiosità pregna di un candore geniale aperto alla vita.

Ecco i primi elementi che invadono gli occhi che osservano. L’opera d’arte cattura e trasporta in una franca genuinità di uno spirito schietto, nostalgicamente propositivo. Uno spirito emozionato dalle sue stesse sensazioni, che si espandono per una permanente testimonianza, affinché rimanga come atto pedagogico, trasmesso dall’inconscio primordiale, esplicitante un desiderio di comunicare come le emozioni possano sussistere anche derivanti dalla propria interiorità, abrogando le inquinanti forze condizionate della propria complessità umana.

L’Arte non la giudicherei in funzione di una soggettiva gradita tecnica operativa, ma la si evince imperativamente da una scelta di una tecnica che possa risultare fedelissima all’emozione che l’ha promossa.

Nei secoli della storia dell’arte le tecniche si evolvono, si sperimentano, ma sono relative anche ad alcuni tentativi che talvolta collimerei solamente con le insoddisfazioni innate e di tristi effetti. Tentativi talvolta accettati e pure osannati come arte. Quei tentativi apprezzati commercialmente da una realtà sociale che (anche tra gli intenditori) è sempre più inidonea per cogliere l’essenza dell’arte stessa. Motivazioni varie, compresa la frivolezza irriflessiva dell’epoca vivente. L’arte, talvolta, è anche equivocata nella condizione sinallagmatica delle più artificiose esistenze. La grandezza dell’artista è al di fuori di qualsiasi schema inquinatorio-impregnante, nonostante sia sempre figlio della propria epoca, volendo sfuggire a realtà vincolanti. La sua opera vive quale testimonianza che l’immanenza sublime può permettere di annunciare con l’essenziale emozione creativa, i molteplici principi che fondono le presenze oggettive elaborate dall’essere umano, insieme con la presenza soggettiva che soltanto il Sovrumano può donare nell’ordine universale. Ordine che occorre comprendere nel suo messaggio ricolmo di mera armonia creativa. L’artista è spontaneo e sembra voglia ricercare, spesso

inconsapevolmente, il semplicissimo ma misterioso ordine Soprannaturale catturato nello spazio dell’opera stessa, alieno dalle complicazioni che noi umani proiettiamo nella realtà quotidiana, illudendoci così di imitare, o sostituirci, al volere dell’Immortale. E come se, nella spazialità di una scultura o nei tratti di un’opera grafica o nei colori usati in pittura, si discernesse invece una tipologia di rispetto nei confronti dell’Infinito, quasi volendo, in ogni espressione creativa, ringraziare proprio l’eternità, che in quell’attimo gli sta permettendo di lasciare testimonianza di intense emozioni vissute, raccolte, ordinate, con la potenzialità di offrire già in quell’istante creativo una nostalgia del futuro che verrà. I messaggi della simbologia dell’arte, in qualsiasi artista, li percepisco come un atto di sussunzione che trasmuta se stesso quale essere umano spontaneo, ricoverandosi in uno spazio limitato (per esempio nel formato di una tela) che divenga universale e illimitatamente pulsante. Le opere sono così: trasbordanti alla ricerca dell’infinito. E lo spirito dell’artista con la volontà di immortalare, ad opera conclusa, almeno per quell’attimo, si acquieta.

L’Arte è fruibile senza barriere nel tempo. L’Arte è la semplicità di toccare il cuore, la mente, l’anima di chiunque. L’Arte è il voler infondere gioiosità all’intelletto, anche quando rappresenta temi complessi o difficili. L’Arte è il dono di messaggi d’invito alle riflessioni, senza offendere alcuno. L’opera d’arte offensiva non può considerarsi Arte! L’Arte è il ringraziamento dell’umiltà che rispetta la sacralità. L’Arte è il desiderio di un granello di polvere umana che ambisce a lasciare un segno d’amore per la vita eterna. Tutto questo per me è l’Arte. E se fosse così solo per me e non per altri, occorrerà però ammettere che l’Immenso imperscrutabile, quasi fosse una magia, ha permesso che io, in questo momento, abbia potuto pensare questi concetti che qualcuno sta leggendo in questi istanti fuggenti. E se ho scritto queste ispirate riflessioni è grazie all’Arte che crea emozioni. L’Arte quindi è stimolo d’amore per la vita, che in una frazione di secondo può immortalare l’infinito rendendolo attuativo, come fosse una realtà onirica che si riflette in uno specchio concreto, anche se sempre delicatamente fragilissimo.

E siccome credo che la mente umana sia un algoritmo d’inibita ontogenesi teleologica, penso che solo nell’Arte l’umano riscatti se stesso.

Arte è la Forza computabile dello Spirito incommensurabile.

Queste mie opinioni provengono da un umile essere mortale, ma la passione per l’Arte credo possa nobilitare la nostra fragile umanità, salvandoci. Sono considerazioni assiologiche sull’arte, proprio perché coincidono con una ricerca di “ciò che è degno di essere considerato”.

Autore: Onelio Onofrio Francioso

Autore

  • Direttore responsabile di Progetto Montecristo Laureato in Giurisprudenza all’Università Cattolica di Milano, con Master in “Operatore Giuridico dei Beni Culturali”, “Operatore del Diritto Relazioni Internazionali”, “Politica del Diritto” Laureato in Sociologia all’Università Statale di Chieti-Pescara Docente di Diritto dell’Informazione e della Comunicazione. È stato coordinatore degli Operatori culturali dell’Università Cattolica di Milano, docente di “Diritto dell’informazione e della comunicazione” all’Istituto Formazione Giornalismo della Regione Lombardia. Autore di diversi libri tra i quali: “Diritto e mutamenti sociali. Evoluzione legislativa nella storia dei rapporti tra popolo e governanti” con prefazione del Prof. Avv. Vincenzo Franceschelli e di “Vademecum di strategia essenziale” con prefazione di Giuliano Urbani, ed. Delfino Due saggi nella sezione Economia, editi da Sperling&Kupfer; di un saggio di sociologia per l’editore Aliberti e della pubblicazione del “Codice del cinema e dello spettacolo” Vanta numerose collaborazioni giornalistiche per “RCS”; “Il Mondo”; “La Padania”; “Tempo&Arte.it”; “Artecultura”; “Capital”; “L’Impresa”; “Ilsole24ore”; “ItaliaOggi”. Inoltre è stato direttore editoriale di “Milano24oreNews”, direttore responsabile di “ItaliaRinasce.it” e di “Arte&Società”.

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