La brezza notturna muoveva leggermente i capelli di Valeria, non più lunghi come un tempo, mentre lei si avvicinava in silenzio alla piccola figura e mentre il canto si faceva via via più intenso, quasi un ineluttabile richiamo di sirena:
“… tuttu intessutu d’aranceti in ciuri”
Quando fu abbastanza vicina, Valeria vide che si trattava di una bimba graziosa che stava seduta sulla spiaggia con le gambe incrociate e con lo sguardo fisso verso il mare. Si arrestò a qualche passo nel timore di spaventarla e le disse semplicemente:
– Ciao!
– Ciao!
rispose lei, interrompendo il canto.
– Che cosa fai qui da sola a quest’ora?
– Aspettavi? E che cosa?
– E chi, allora?
– Me?! Ma… mi conosci?
– Altro che se ti conosco!
– E da quanto mi aspettavi?
– Eh…da una vita!
– Eppure, quando mi sono affacciata la prima volta non ti ho né vista né sentita…
– C’ero…c’ero!
Sembrava straordinariamente sicura di sé, quella bimbetta. Sarebbe perfino risultata un po’ antipatica, se non avesse pronunciato ogni frase, ogni parola, con una lievità e una dolcezza disarmanti.
– Ma, come mai mi conosci? Come facevi a sapere che sarei arrivata proprio oggi? E perché mi aspettavi qui e non sei venuta in casa?
domandò Valeria a cascata.
– Già, la tua casa…!
rispose la bimba senza scomporsi, ma con un accento vagamente ironico. E poi, cambiando apparentemente discorso:
– Sai, Valeria, mentre ti aspettavo questa sera osservavo le rondini…
– Le rondini?
– Volano alto, sai, le rondini, e veloce, e lontano…
Valeria non capiva dove volesse andare a parare.
– …Eppure sanno sempre benissimo dove tornare a farsi il nido. E non hanno bisogno di portarselo sempre con sé…
Valeria credette di cominciare a capire l’allusione, anche se non riusciva a capacitarsi di come la ragazzina potesse conoscerla così a fondo. Sentendosi toccata, tentò una manovra diversiva:
– La chiocciola invece non si separa mai dalla sua casa: se la porta sempre dietro!
Credeva di aver piazzato una buona stoccata, Valeria; ma l’altra, con la solita calma:
– Però c’è un piccolo particolare…
– Quale?
– Non vola! La chiocciola si limita a strisciare, ed è felice così, lei.
– …Vedi?!
– Sì, ma tu non ti accontenti di strisciare.
Per la prima volta la bambina fissò in viso la donna con due occhi incredibilmente sereni e penetranti. Nel movimento del capo i suoi lunghi capelli neri scoprirono un collo esile. Una catenina d’oro con un ciondolo a forma di cuore brillò alla luce della luna.
Valeria ricordò che ne aveva avuta anche lei una simile da piccola. E che l’aveva smarrita proprio giocando su quella spiaggia.
– Che cosa vuoi dire?
– Semplice: tu puoi scegliere se essere chiocciola oppure rondine, ma non puoi pretendere di essere una chiocciola che vola!
– Vorresti dire che dovrei abbandonare la mia casa, dimenticarla con tutto quel che rappresenta?
– Solo che dovresti evitare di restarle aggrappata.
– Aggrappata?
– Sì. Puoi fare a meno di portarti sempre dietro il tuo guscio, con tutto quello che contiene. I tuoi ricordi, le tue esperienze, i tuoi cari, potrai portarli comunque nel tuo cuore; ma evita di portarli sempre sulle spalle, o il loro peso ti impedirà di volare! Non pretendere di tenere tutto continuamente sotto controllo. E’ una fatica sovrumana. Lasciati andare, Valeria! Lasciati vivere!
Quell’ultimo affondo era andato dritto al cuore e da lì Valeria sentì salire un’ondata calda che si tradusse in un’irrefrenabile corrente di lacrime.
Ma non era il solito pianto amaro e angosciato. Era un pianto sereno e liberatorio, che sembrava purificarla dentro e che lei non conosceva quasi più.
Allora la bimba si alzò e abbracciò dolcemente la donna che nel frattempo continuava a piangere, accoccolata sulla spiaggia. Senza che lei se ne accorgesse, le mise al collo la catenina d’oro sussurrandole:
– Buona fortuna, Valeria! Adesso io sono libera, e potrai esserlo anche tu, se solo vorrai!
Le due figure rimasero a lungo l’una accanto all’altra, tanto da sembrare una sola. Ma quando la grande si riscosse, la piccola non c’era già più.
Valeria, ancora stordita, avrebbe voluto provare a chiamare la bimba; ma si rese conto all’improvviso di non sapere il suo nome. Nel frattempo la brezza notturna si era decisamente rinfrescata; così lei, dopo essersi alzata lentamente, rientrò camminando quasi come una sonnambula.
La risvegliarono i gridi dei gabbiani. Non avrebbe saputo dire da quanto tempo non le accadeva più di riposare così bene e a lungo, né di risvegliarsi così serena e di buon umore. Che cosa le era successo? Si ricordò dello strano incontro di quella notte, delle lacrime, e di tutto il resto.
All’improvviso l’assalì un dubbio. Afferrò la vestaglia che giaceva ai piedi del letto e si precipitò fuori. La mattinata era tiepida e luminosa. Sulla spiaggia vide le numerose impronte dei pescatori che erano rientrati all’alba con le lampare e, tra quelle, ritrovò delle orme che potevano essere le sue.
Cercò ostinatamente, ma non le riuscì di ritrovare le impronte di quella bimba affettuosa. Possibile che quell’incontro meraviglioso fosse stato solo frutto di un sogno?
Turbata, Valeria prese a camminare lentamente lungo la riva. Ricordando l’intenso abbraccio della bambina si strinse istintivamente tra le proprie braccia incrociandole sul petto.
Solo allora le sue dita si impigliarono in una catenina con un ciondolo d’oro, a forma di cuore.
Autore: Roberto Pittella
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