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Voci inquiete dal passato: Cleopatra, seduttrice sedotta

da | 4 Apr, 24 | Narrativa |

Il segreto per conquistare gli uomini, per farli cadere nella rete come melograni maturi? Il colpo di scena. È uno stratagemma infallibile.

Mio padre aveva affidato a Cesare la custodia mia e di Tolomeo, mio fratello, perché intuiva che ci saremmo scannati dopo la sua morte.

I tutori di Tolomeo avevano già tentato di tenermi lontana dal trono, spedendomi ad Alessandria. A me spettava la metà del potere e della terra d’Egitto. Ma come sempre succede, i maschi perseguono i loro scopi, soprattutto se illeciti, con l’arroganza delle armi. Mi ribellai alla prepotenza, scatenando una guerra civile.

All’arrivo di Cesare, la situazione era piuttosto ingarbugliata. Rivolte, assassini, disordini erano all’ordine del giorno. Lui, il Console romano, era un uomo integro. Quando prendeva un impegno, lo portava fino in fondo. Decise di vederci chiaro e di ascoltare la mia versione e quella di Tolomeo, senza preconcetti, con la volontà di riportare l’ordine e di far rispettare le ultime volontà di mio padre. Chiese di sentire dalle nostre bocche, senza filtri, le ragioni della disputa.

Mi convocò a palazzo per prima. Che sia una trappola? pensai. No, Cesare agiva alla luce del sole. Era determinato e rigoroso, troppo grande per ricorrere a sotterfugi. E poi ci considerava dei ragazzini, due mocciosi ostinati e infantili. Dovevo giocare d’astuzia e preparare il terreno perché la mia intelligenza potesse emergere in tutta la sua grandezza. Con la sola eloquenza, non avrei potuto spuntarla di fronte a un uomo così dotato, abile stratega e grande oratore. No, dovevo prima abbagliarlo con la mia bellezza. Ammaliare per farmi ascoltare. Sorprendere, per catturare la sua attenzione. Noi donne siamo costrette ad usare le poche armi di cui disponiamo. E la sensualità è una delle più potenti.

Cesare non era più giovane, aveva avuto due mogli e innumerevoli amanti. Quindi era sensibile al fascino femminile. I miei passi avranno l’eleganza del ghepardo, pensai, so bene come muovermi. Lo guarderò fisso e gli occhi di ossidiana cattureranno la sua attenzione. Poi, come per caso, la mia lingua accarezzerà le mie labbra di corallo. Sarà un gesto naturale, non volgare, ma le renderà umide e turgide. Lui sarà incantato e stordito.

Faccio spesso questo gioco e ogni volta vinco. La conquista di un uomo in fondo non è dissimile da un duello. Si scruta l’avversario, si valutano i punti di forza: la furbizia, l’agilità, l’impulso che lo porta a combattere. E le debolezze: vecchie ferite doloranti, lentezza, nervosismo. Nei suoi occhi devi leggere la determinazione o la paura. Poi si passa alle prime schermaglie, che mostrano l’abilità nell’evitare i colpi e la fermezza nel maneggiare la lancia. Nell’amore è lo stesso: vince il più motivato, il più risoluto, il più imprevedibile. Questo pensavo, mentre preparavo la trappola dorata in cui volevo cadesse il grande stratega.

Il giorno dell’incontro, mi svegliai all’alba. Mi immersi nell’acqua profumata di fiori di loto, le ancelle lavarono ogni parte del mio corpo, lentamente, fino a renderlo lindo come quello di un bambino. Uscii dall’acqua e mi distesi su un giaciglio di rami di palma, ricoperto da una tela di lino. Lasciai che fosse il sole ad asciugare la mia pelle.

Avrei voluto che quel momento di beatitudine non finisse mai, ma l’ora dell’incontro si avvicinava e sapevo di non poter far aspettare Cesare. Indossai una veste succinta e i gioielli più preziosi. La garza di cotone scivolava morbida e trasparente sulla pelle ambrata, lasciando intravvedere le delizie femminili. Ordinai alle ancelle di avvolgermi in una larga stuoia di lino grezzo intessuto d’oro, in modo che fossi completamente nascosta. Le lunghe frange di minuscole perle tintinnavano a ogni movimento. Un servo fedele mi caricò sulle spalle. Il mio corpo sottile pesava poco e l’uomo poteva procedere senza fatica, sorretto dai forti muscoli delle gambe. Avrebbe deposto ai piedi di Cesare il prezioso tappeto, dicendogli che conteneva un dono della regina. In realtà, il dono ero io.

Mi sentivo pronta a tutto, anche a concedermi a lui quella notte stessa, se ciò fosse servito a conquistare il potere e a vanificare le trame di mio fratello. La giovinezza e la sinuosità delle mie forme avrebbero avuto un effetto dirompente su un uomo maturo. Non sarà difficile, pensai, confondere i suoi sensi e portarlo dalla mia parte.

Il servo si inginocchiò e depose l’involucro davanti al Console. Io mi mossi come un gatto, con lentezza, attenta a non svelare il mistero prima del tempo. Dovevo fare in modo che la sua curiosità arrivasse al culmine. Forse pensò che dentro ci fosse una schiava o un animale esotico, oppure un marchingegno ideato per divertirlo.

Mostrai prima la mano destra, sulla quale brillavano anelli di rubini. Poi fu la volta del braccio sinistro, stretto dalle spire di un bracciale a forma di serpente. Girando su me stessa con calma studiata srotolai la stuoia, svelando i piedi nudi e le caviglie ingioiellate di catene d’oro. Infine mi liberai del drappo e mi inginocchiai davanti a lui. L’inconsistenza della veste che indossavo lasciava trasparire i seni sodi, il ventre asciutto e le gambe ben tornite. Sulle spalle ricadevano i lunghi capelli corvini.

Dapprima Cesare rimase abbagliato, gli occhi spalancati e le labbra socchiuse. I suoi occhi mi scrutarono, scandagliarono il mio corpo. Le sue mani tremavano impercettibilmente, pronte a strapparmi il morbido velo che copriva solo le parti più intime. Il desiderio era tangibile, lo avvertivo come una folata di vento, come l’umidità profumata sulle rive del Nilo. In quei pochi istanti il condottiero aveva mostrato il suo lato più fragile. L’ho stregato, dissi a me stessa.

Ma avevo cantato vittoria troppo presto, perché, ahimè, si riprese subito. Si rabbuiò: aveva capito di aver perso il controllo e che io ne ero consapevole. Fece un profondo respiro e lo sguardo si fece duro e impenetrabile. Faticò a trovare le parole giuste, lui che arringava folle oceaniche.

“Principessa,” – disse – “alzatevi. Il vostro rango è troppo elevato perché voi dobbiate inginocchiarvi davanti a me.” Mi tese la mano, una mano forte e delicata.

Era il momento di esibire le altre mie doti, quelle più importanti: l’eloquenza, l’arguzia, la sagacia. Volevo che si accorgesse che ero una femmina speciale, un essere perfetto e non solo un corpo seducente, ma mi persi nei suoi occhi. Mi sentii un naufrago nelle onde impetuose di una mareggiata, la corolla di un fiore strappata dalla violenza del vento. Il suo sguardo era magnetico, come le nuvole viola di un temporale.

Ci avvicinammo. Mi concentrai sulle mosse da fare, sulle tesi da esporre per ottenere la terra e il potere che mi spettavano, ma la mia mente sembrava annacquata, i pensieri si frantumavano mentre la sua pelle aderiva alla mia. “Cesare”, balbettai, “devo, cioè vorrei, esporvi, come dire, il mio punto di vista.” I suoi occhi erano puntati dritti nei miei. Pareva stesse prendendo la mira. “Ci sono ragioni alla base…, forse non siete al corrente di…”. Mi sentivo senza difese, come una preda sorpresa da un cacciatore. “Principessa, ci sarà tempo per le spiegazioni.” Lo vidi allontanare i servi con un gesto e sentii le sue braccia avvolgermi come uno scialle di seta.

La mia sensualità nulla poté contro il suo fascino. Ci amammo quella sera e le successive per quattro lunghi anni, finché il destino, più potente degli uomini, ci separò, facendoci percorrere sentieri diversi.

Autore: Virginia Coral

Autore

  • L’autrice da molti anni lavora nel campo della sperimentazione sui farmaci e coltiva, in parallelo, la passione per i viaggi e la scrittura. I primi forniscono spunti ed emozioni che, lasciati decantare, riempiono le pagine bianche. Un corso di scrittura creativa, frequentato quasi per caso, le ha fornito gli strumenti per ridurre la fantasia a un flusso organico di parole. E il coraggio di esporsi al giudizio del pubblico con lo pseudonimo di Virginia Coral. Il primo racconto, pubblicato nella WMI 18, parla di Buenos Aires e della sua musica seducente, il tango. Il secondo racconto è uscito nel volume “365 Racconti erotici”, seguito da altri inseriti in volumi di diversi editori, fino alla pubblicazione del libro “Agata e l’isola del vento”, nelle Edizioni Montag. Invia regolarmente scritti a #brevestoriafelice, il primo concorso letterario “social”, che organizza ogni due mesi un contest di flash-fiction. Negli ultimi anni si è immersa nella vita di Enrico VIII, con l’entusiasmo e la perseveranza di un investigatore, scoprendone luci e ombre, debolezze e ambiguità. Ne è nato così un romanzo storico sulle vicende umane di questo grande re, intrecciate con i destini delle sue sei mogli.

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