Voci inquiete dal passato: L’attesa vana di Bloody Mary

da | 29 Feb, 24 | Narrativa |

Inizio luglio 1555

I primi mesi sono trascorsi veloci. Il miracolo di un figlio alla mia età mi ha illuminato la vita, mi ha dato un’energia incredibile. La salute è migliorata e mi sento pronta ad affrontare ogni ostacolo. Ringrazio il Signore di avermi concesso la grazia di essere gravida. Nessuno ci sperava, neanche mio marito. Ho quasi quarant’anni e un fisico gracile. Se non avessi un carattere forte e volitivo sarei già stata spazzata via dalle avversità. Sono una combattente. Nelle mie vene scorre sangue spagnolo. Come mia madre, lotto contro la sorte avversa e le malattie. E come mia nonna Isabella difendo la chiesa cattolica dai miscredenti. So di poter cambiare il corso del destino, se lo voglio davvero.

Sono passati dieci lune dalla presunta data del concepimento. Avrei dovuto partorire un mese fa. Il dottore dice che forse il conteggio non era corretto sin dall’inizio oppure che potrebbe trattarsi di due gemelli. Quando appoggia l’orecchio sul mio ventre gonfio, scruto il suo viso in cerca di qualche indizio rasserenante, ma gli occhi sono impenetrabili. Negli ultimi giorni non sorride, la fronte è aggrottata, come se cercasse nel bacile della sua conoscenza una spiegazione a questo preoccupante ritardo. Anche se si sforza di non far trapelare nulla, nel suo sguardo mi sembra di leggere una profonda inquietudine. Poi mi dico che sono stupide ansie da donna incinta. Dio non mi avrebbe illusa di dare alla luce il futuro re d’Inghilterra, per poi infliggermi il dolore di perdere questo prezioso bambino. Dio è buono. Mi ha fatto conoscere la felicità coniugale mettendo Filippo sulla mia strada. Un marito giovane e forte. Talvolta mi chiedo se il suo sia vero amore. Voglio credere di sì. Forse non si tratta della passione irrefrenabile di due amanti clandestini, ma a suo modo mi dimostra affetto e devozione. In fondo, potrebbe aspirare ad altro. Ho dieci anni più di lui e sono consapevole di non essere molto attraente. Ma le nostre anime si parlano e si comprendono, anche se ci esprimiamo in lingue diverse.

Spesso siamo costretti a separarci per lunghi periodi. Filippo erediterà dal padre, Carlo V, il trono di Spagna. Sulle sue spalle pesano molte responsabilità, come sulle mie. Da quando sono salita al trono nel luglio del 1553, non ho avuto pace. Sono stati anni faticosi. La restaurazione della religione cattolica in questo paese inquieto ha richiesto scelte difficili. Ho mandato al rogo qualche centinaio di irriducibili, che non accettavano di aderire al vero credo. Inoltre, è mia intenzione istituire l’Inquisizione anche in Inghilterra. Queste decisioni hanno creato malumori nel popolo. Ma si sa, la gente comune non ha gli strumenti per capire. Per questo motivo le rivolte vanno soffocate nel sangue prima che diventino un pericolo per il trono.

Sono certa che mio figlio porterà una ventata di ottimismo. Quando l’Inghilterra avrà finalmente un erede, gli animi si placheranno e i sudditi torneranno ad amare la loro regina. Già, ma l’attesa di questa nascita di fa ogni giorno più pesante. Ho delle fitte continue al basso ventre. Il dottore dice che potrebbero essere spasmi uterini dovuti al parto imminente. Sono chiusa nelle mie stanze da molte settimane in attesa del parto. Lo prevede il protocollo. Mi manca l’aria, vorrei fare una passeggiata nei giardini di Hampton Court, immersa nel profumo dei fiori. So che non è possibile, perché le regole vanno rispettate. Pazienza, aspetterò. Sarei un’ingrata se mi lamentassi dopo che il Signore mi ha benedetto offrendomi la possibilità di diventare madre.

Fine luglio 1555

Il ventre si è sgonfiato. È successo qualche giorno fa. Il mio bambino si è dissolto come una bolla d’aria salita alla superficie di uno stagno, è svanito come un soffione flagellato dal vento. Il medico non ha spiegazioni. Dice che talvolta succede. Dio ha voluto punirmi, ma vorrei chiedergli di quali misfatti mi sono macchiata. Che crimini posso aver commesso per meritarmi un castigo così doloroso? In questi giorni non penso ad altro. L’unico peccato che mi viene in mente è l’eccessiva tolleranza nei confronti degli eretici. Avrei dovuto essere più dura e liberare il regno da questa feccia immonda. Signore, è questo che desideri? Vuoi fare di me un mezzo per eliminare ogni sacrilego germe di blasfemia? Mandami un segno e l’Inghilterra sarà illuminata da migliaia di roghi. Farò abbattere tutte le foreste per farne legna da ardere, assolderò centinaia di boia perché le esecuzioni continuino senza sosta notte e giorno, appiccherò io stessa i fuochi sotto le pire. E scoverò gli infedeli dovunque si nascondano. Sarò uno strumento formidabile nelle tue sante mani. E allora tu, forse, mi concederai la benedizione di un figlio.

Autore: Virginia Coral

Autore

  • Virginia Coral

    L’autrice da molti anni lavora nel campo della sperimentazione sui farmaci e coltiva, in parallelo, la passione per i viaggi e la scrittura. I primi forniscono spunti ed emozioni che, lasciati decantare, riempiono le pagine bianche. Un corso di scrittura creativa, frequentato quasi per caso, le ha fornito gli strumenti per ridurre la fantasia a un flusso organico di parole. E il coraggio di esporsi al giudizio del pubblico con lo pseudonimo di Virginia Coral. Il primo racconto, pubblicato nella WMI 18, parla di Buenos Aires e della sua musica seducente, il tango. Il secondo racconto è uscito nel volume “365 Racconti erotici”, seguito da altri inseriti in volumi di diversi editori, fino alla pubblicazione del libro “Agata e l’isola del vento”, nelle Edizioni Montag. Invia regolarmente scritti a #brevestoriafelice, il primo concorso letterario “social”, che organizza ogni due mesi un contest di flash-fiction. Negli ultimi anni si è immersa nella vita di Enrico VIII, con l’entusiasmo e la perseveranza di un investigatore, scoprendone luci e ombre, debolezze e ambiguità. Ne è nato così un romanzo storico sulle vicende umane di questo grande re, intrecciate con i destini delle sue sei mogli.

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