Dentro una plastica scrittura narrativa prende vita il racconto “Delitto senza castigo” di Roberto Caracci, pubblicato in quattro parti sulla rivista “Progetto Montecristo”.
Prima dell’inizio e della fine del racconto a puntate, il lettore prova la sensazione di trovarsi nella posizione dell’ “Appeso”, in cui l’lo decanta e contempla i pensieri della lettura accogliendo il tempo dell’intervallo.
Il racconto seriale di Roberto Caracci esercita il fascino imprevedibile del giornale quotidiano, dove le novelle di Pirandello, ad esempio, si potevano leggere a puntate con lentezza e senza fretta. L’attesa della pubblicazione di singole parti del racconto rimane gravida di fresche “correnti di stelle”, di tempi vuoti che attendono nuovi fili d’erba e attraversano i temi delle “tristi zavorre”, così cari allo scrittore nella sua recente pubblicazione “Ponti sull’abisso, Moretti&Vitali Editori” e nei racconti visionari.
La narrazione, un thriller surreale, è viatico di un viaggio verso il mare per l’incredulo e attonito viaggiatore alla vigilia delle sue ferie, quando il piacere della vacanza attende progetti di libertà e di spensieratezza.
Il racconto, che si svolge nella pantomima di un autogrill, presenta il dialogo di due protagonisti che, nella fervida fantasia del lettore, potrebbero essere l’uno lo specchio dell’altro o l’ombra oscura di molteplici personaggi che emergono da diversi mondi interiori, tanti quanti sono le voci che pullulano nel magma di luce e di oscurità di ogni individuo.
L’autore gioca con una scrittura immediata e contestualizzata nella finzione narrativa, esprimendo il processo dialogico sia con toni sublimi di raffinata lingua italiana, sia alternando qualche frase dialettale, laddove è possibile contrassegnarla dal metalinguaggio volto a a veicolare riflessioni e rivisitazioni degli eventi fantastici.
I protagonisti del racconto, un vacanziere e un lavavetri, si incontrano e si scontrano attraverso il linguaggio metanarrativo nella prospettiva riflessiva e analitica di ciò che viene narrato.
Il vacanziere, deciso a scrollarsi la madida fatica di un anno di lavoro per godersi giorni di mare e di sole, all’insegna di un cielo meno afoso e grigio della sua città, si imbatte in un accattone lavavetri che, da buon mago di mercato in cambio di pochi centesimi e per un lavoro non richiesto, alza i tergicristalli per pulire il parabrezza delle automobili in sosta all’autogrill.
La diatriba tra i due protagonisti non si esaurisce nelle offese reciproche, ma avanza con atteggiamenti minacciosi che caratterizzano entrambi in una sorta di eterna rivalità anche campanilistica; da una parte il lavavetri del meridione e dall’altra il vacanziere del settentrione, che, aggravato economicamente dal cambio lira/euro, parte con qualche spicciolo di denaro per soggiornare nel suo monolocale balneare situato in uno degli angoli costieri più suggestivi e pittoreschi d’Italia.
A un tratto un’allucinazione prende via con un’immagine omicida, assistita da spettatori casuali, intervenuti come il coro manzoniano che offre un ulteriore spazio allo scrittore nella narrazione di nuove scene e inaspettati sviluppi del racconto.
La scrittura della terza parte orienta invece la narrazione in una lirica riflessiva, ove Caracci percorre nuovi binari del racconto, che viene capovolto da rinnovate visioni oniriche surreali e da amplificazioni rimaste inedite ed inesplorate.
L’io narrante invita, nel senso più ampio della psicologia umana, a ripensare alle vulnerabilità degli individui, alle situazioni di miserie umane e di mancate generose disponibilità verso la vita, a volte effimera, “scavalcata e tradita, sostituita da altre vite, che sono comunque le tue”.
Il ritmo narrativo rallenta, diluendo la durata delle parole che risuonano lente e docili al lettore, rimasto sospeso nel capovolgimento del racconto destinato a mantenere una sospensione ipnotica del tempo, secondo una prospettiva fenomenologica – esistenziale che avvolge, per certi versi, la riflessione profonda sulla natura umana dalle molteplici sfumature e dalle mille contraddizioni.
A conclusione del racconto una dialettale frase del meridione, che caratterizza una delle parti principali della violenza verbale tra i due protagonisti, ritorna in uno scenario inaspettato di imprevedibili fotogrammi che, sotto i raggi del sole estivo, chiudono questa storia dalle voci tonanti e da scenari sorprendenti
Link diretto ai racconti:
Delitto senza castigo (parte prima)
Delitto senza castigo (parte 2^ di 4)
Delitto senza castigo (parte 3^ di 4)
Delitto senza castigo (quarta ed ultima parte)
Autrice: Mapi Barraco
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